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GOV’T MULE Discografia

 
 

Il chitarrista Warren Haynes e il bassista Allen Woody sono i due giovani virgulti che hanno salvato, all'inizio degli anni '90, la carriera della Allman Brothers Band dal prepensionamento. L'album Seven Turns (1990), che diede ancora una ragione di vita al glorioso complesso southern della Georgia, lega il proprio successo proprio alla corpulenta presenza di questi due funamboli dei loro strumenti. Dopo qualche anno Woody abbandona gli Allmans e decide di formare con lo stesso Haynes e con il tellurico batterista Matt Abts un power trio che vorrebbe rinverdire i fasti anni '60 di The Cream e Mountain.

 

 

La storia inizia con Government Mule (1995 - ****), disco che si apre con un blues a cappella (Grinnin' In Your Face) e si snoda attraverso quasi ottanta minuti di piacevoli stereotipi anni '60 / '70: dalle jam strumentali (Trane, Dolphineus), ai granitici hard blues (Mule), alle intuizioni psichedeliche (Mother Earth, Painted Silver Light). 

 
Piacciono in particolare l'ispirata power ballad Temporary Saint e la rivisitazione del classico dei Free Mr. Big, mentre Warren Haynes inizia la sua personale opera di rivitalizzazione del recente catalogo Allman Brothers Band (in questo caso tocca alla potentissima Rockin' Horse). L'album vende meno delle aspettative, ma la critica americana scova qui il futuro del southern rock.
 

Il gruppo dà una prima sterzata alla propria carriera con un album dal vivo intitolato Live At Roseland Ballroom (1997 - ****). Per sempre i "Muli" daranno il meglio di loro stessi nelle travolgenti esibizioni live, di cui questo disco è una prima importante testimonianza. L'hard blues anni '70 del disco d'esordio viene stemperato da numerose intuizioni jazz. Il brano portante è il complicato strumentale Trane, che già faceva bella mostra di sé nel precedente album in studio. Non tutti i campagnoli del sud degli States si permettono di omaggiare e citare correttamente il periodo modale di John Coltrane.

Se uno dovesse spiegare ad un alieno capitato per caso in Georgia quale sia la musica dei Gov't Mule, il libro di testo sarebbe Dose (1998 - ****), album dove vanno a compiersi tutte le intuizioni e le potenzialità lasciate intravedere nei lavori precedenti. Il power trio guidato da Haynes è maestro nel proporre convincenti brani hard rock su tappeti ritmici in tempi dispari. Qui ci sono alcuni dei classici più famosi della band come Blind Man In The Dark, Thorazine Shuffle e Game Face. La simil fusion di Thelonious Beck ha la non sempre riuscita intenzione di mischiare la musica di Thelonious Monk con quella di Jeff Beck. I nostri si confermano la migliore band "da cover" del mondo, rivoltando come un calzino She Said, She Said dei Beatles.

Il successo finalmente arride al terzetto con (manco a dirlo) un album dal vivo intitolato Live With A Little Help From Our Friends (1999 - *****). Si tratta di un lavoro imponente (esce sia in versione doppia, sia in versione quadrupla), in cui i Gov't Mule si fanno aiutare da musicisti del calibro di Chuck Leavell, Marc Ford, Derek Trucks, Jimmy Herring, Randall Bramblett, Bernie Worrell e Yonrico Scott. Un mega supergruppo che sciorina qualche (poche) canzone dei Gov't Mule e si scatena nelle cover. Tra le prime stimola la fantasia soprattutto l'inedito strumentale Devil Likes It Slow ed una Thorazine Shuffle sempre sul punto di esplodere, ma che rimanda l'orgasmo all'infinito. Le cover mostrano Haynes e soci in stato di grazia: si va dalla versione definitiva di War Pigs dei Black Sabbath, all'incredibile ripescaggio di Thirty Days In A Hole degli Humble Pie. La versione di Sad And Deep As You dei Traffic ci fa riascoltare una delle più belle ballate rock degli anni '60, mentre non convince a pieno la cover di Cortez The Killer di Neil Young. Superano largamente i venti minuti Afro Blue di John Coltrane (in cui l'ancora imperbe Derek Trucks fa i numeri), Spanish Moon dei Little Feat e Third Stone From The Sun di Jimi Hendrix. Warren Haynes e soci adottano il lentone Soulshine degli Allman Brothers Band (ma scritto proprio da Haynes) come sigla immancabile dei loro concerti. Nella versione quadrupla di questo album ormai entrato di diritto nella leggenda del southern rock, si trova la cover in studio di Pygmy Twylyte di Frank Zappa, per la quale Allen Woody vince alcuni referendum di riviste rock americane come miglior bassista del mondo.

Dopo il meritato successo e dopo che Warren Haynes è divenuto il chitarrista più impegnato del mondo (suona anche con Allman Brothers Band, Phil Lesh & Friends, The Dead ed inizia un'interessante carriera solista sulle tracce degli Hot Tuna), i Gov't Mule danno alle stampe il controverso Life Before Insanity (2000 - ***1/2) che li pone decisamente in ambito di puro hard rock. Le cattivissime Wondering Child e Bad Little Doggie dimostrano che il gruppo usa più la sciabola (ma forse potremmo dire addirittura la clava) del fioretto.

Stemperano la tensione le ballate Fallen Down e No Need To Suffer. Partecipa come ospite Ben Harper, che urla come un ossesso in Lay Your Burden Down.

Alla fine del 2000 Allen Woody muore per un male incurabile e i Muli reagiscono nell'unico modo che conoscono, chiudendosi in studio e suonando.
Per omaggiare un bassista di tale livello viene allestito un cast impressionante per incidere il doppio album The Deep End I (2001 - *****), per il sottoscritto uno dei dischi più belli dello scorso decennio. L'idea è molto semplice: aggiungere nella formula del power trio alcuni dei bassisti più grandi della storia per continuare a suonare la classica musica dei Gov't Mule (senza però certi beceri hard rock dell'ultimo periodo).  
Ecco che arrivano, tra gli altri, Jack Bruce (The Cream), Oteil Burbridge (Allman Brothers Band), Bootsy Collins (Funkadelic), John Entwistle (The Who), Flea (Red Hot Chili Peppers), Roger Glover (Deep Purple), Mike Gordon (Phish), Stefan Lessard (Dave Matthews Band), Mike Watt (Minutemen, fIREHOSE). Partecipano però anche musicisti che non suonano il basso come, tra gli altri, Greg Allman, Jerry Cantrell (Alice In Chains), John Scofield, John Medeski e Derek Trucks. A parte il livello degli ospiti (ovviamente eccelso) anche quello della composizione è straordinario. Fool's Moon, Banks Of The Deep End, Beautifully Broken, Sco - Mule, ma anche le cover di Maybe I'm A Leo dei Deep Purple, Effigy dei Creedence Clearwater Revival più bucolici e Jesus Just Left Chicago degli ZZ Top, sono tra le cose migliori mai incise da Haynes e soci.

Come si poteva intuire dal titolo precedente, dopo qualche mese esce un nuovo doppio album intitolato The Deep End II (2002 - ***1/2), disco che ricalca lo schema del precedente indugiando però maggiormente su atmosfere prolisse di stampo fusion. Questa volta i maggiori ospiti si chiamano, Jason Newsted (Metallica), Alphonso Johnson (Weather Report), Tony Levin (King Crimson), Jack Casady (Jefferson Airplane, Hot Tuna), Chris Squire (Yes), Phil Lesh (Grateful Dead), Billy Cox (Band Of Gypsies), Dave Schools (Widespread Panic) e Les Claypool (Primus), ma anche David Grisman, Art Neville, Gary Lucas e James Hetfield (Metallica). I brani migliori? Which Way Do We Run? con Schools e la cover di Catfish Blues che, anche con l'aiuto di Billy Cox, fa apparire nitido e meno inavvicinabile del solito il fantasma di Hendrix.

 

Il già mitizzato progetto Deep End viene concluso dal monumentale triplo (2 cd + dvd) dal vivo The Deepest End (2002 - ****) in cui la band è sostenuta da molti dei musicisti già intervenuti in studio. E' un'ulteriore sorpresa la partecipazione dei Los Lobos e della Dirty Dozen Brass Band come sezione di fiati fissa. Le canzoni si dilatano oltre misura e tutti suonano da par loro, ma manca l'aria commossa del primo volume in studio. Da segnalare la strepitosa cover di 32/20 Blues di Robert Johnson. Per due anni i Gov't Mule hanno percorso in lungo ed in largo gli Stati Uniti con il nuovo bassista Dave Schools, che molla non riuscendo a conciliare il doppio impegno tra la sua nuova band e i Widespread Panic. Inizia quindi il periodo peggiore per la band, che perde in unità di intenti per divenire di fatto un'emanazione delle volontà di Warren Haynes e del suo manager (la moglie). Nel frattempo gli appassionati di rock di tutto il mondo attendono con ansia la nuova prova del complesso, che si trasforma in quartetto con l'innesto del bassista Andy Hess e del tastierista Danny Louis, conosciuto durante le infinite sessions dei due Deep End.

In conclusione esce il pessimo Dejà Voodoo (2004 - **1/2), che vorrebbe ricreare, fin dal titolo, l'atmosfera del grande Electric Ladyland di Jimi Hendrix. Risultato fallito in toto con una band svogliata e poco coesa che ripete stancamente tutti i cliché delle grandi jam in studio di fine anni '60. Si salvano le potenti Slackjaw Jezebel, Lola Leave Your Light On e l'accorata About To Rage. Al nuovo disco viene allegato l'ennesimo mini live dal vivo che dimostra come sul palco i Gov't Mule siano ancora un gruppo in buona salute.

Chi pensava che Life Before Insanity fosse un album troppo duro per i Gov't Mule, rimane addirittura interdetto all'uscita di High & Mighty (2006 - ***), disco di purissimo hard rock (forse perfino un poco ottuso), che potrebbe uscire benissimo dal repertorio degli AC/DC di Bon Scott. La band sembra aver acquisito convinzione e chilometri di rodaggio, ma le canzoni non sono un granché, a parte le iniziali Mr. High & Mighty e Brand New Angel.


 

Veramente spiazzante è la successiva mossa di Haynes & soci: si tratta del coraggioso Mighty High (2007 - ***1/2), in cui i Gov't Mule si cimentano, abbastanza incredibilmente con il reggae, il dub e le contaminazioni elettroniche. Una parte della critica inorridisce, mentre l'altra applaude. Io propendo per la seconda opinione, poiché i dischi precedenti mostravano una band che si era cacciata in un vicolo cieco.   
Mighty High è ovviamente disco non ripetibile, ma che mostra che ha ancora un senso nel 2007 pensare ad un "governo dei Muli" sulla scena rock sudista.Partecipa il meglio della scena reggae internazionale ed al solito si eccelle nell'esecuzione di cover come I'm A Ram di Al Green, The Shape I'm In di The Band e una formidabile Play With Fire dei Rolling Stones, tutte virate in una psichedelica atmosfera caraibica. Con le dovute proporzioni, siamo di fronte ad un livello di contaminazione che solo il miglior Stan Ridgeway può regalarci.
 

By A Thread (2009 - ***1/2) riporta tutto a casa. Le atmosfere sono quelle degli inizi del gruppo, anche grazie al nuovo swingante basso di Jorgen Carlsson. Spesso la band viene allargata con l'ospite Billy Gibbons (leader degli ZZ Top, ma chi non lo conosce?), a ricamare i suoi consueti assoli chitarristici boogie blues. E' un album che cresce (e molto) alla distanza, con due gemme intitolate Steppin' Lightly e Inside Outside Woman Blues #3 (oltre dieci minuti di eccezionale slow blues psichedelico).

 

I Gov't Mule iniziano il nuovo decennio pubblicando un live d'archivio. Esce infatti Mullennium (2010 - ****), triplo cd che racconta integralmente la bella performance tenuta dal gruppo sul palco del Roxy Theatre di Atlanta in occasione della prima notte del millennio. Un modo per ascoltare un gruppo all'apice della creatività, con una sezione ritmica da far paura. 

 
Si inizia con alcuni brani del repertorio dei primi tre album, poi spazio all'ospite Little Milton per un cd quasi del tutto dedicato a classici del blues, infine consueta grande scelta di cover. Questa volta dal cilindro di Warren Haynes escono, tra le altre, 21st Century Schizoid Man (King Crimson), Dazed And Confused (Led Zeppelin), The Power Of Soul (Band Of Gypsies), Helter Skelter (The Beatles) e la semplicemente incantevole Out Of The Rain di Tony Joe White.
 
Dopo diversi album nella norma, ma non certo indimenticabili, i Gov't Mule realizzano il loro capolavoro in quartetto con l'ottimo doppio album intitolato Shout! (2013 - ****). Nel primo cd i Muli ritrovano il piacere di jammare, lasciando in secondo piano certe asprezze hard dell'ultimo periodo. Whisper In Your Soul, Stoop So Low e gli undici minuti di Bring On The Music ci restituiscono una band che è ancora al top della scena southern mondiale.

Nel secondo cd le stesse canzoni sono reinterpretate in versioni completamente stravolta con l'aiuto di alcuni famosi amici. Ecco che con Ben Harper alla voce, World Boss svela tutta la propria anima funk; Stoop So Low vede uno strepitoso assolo di organo di Dr. John; Captured, grazie all'eterea voce di Jim James (My Morning Jacket) dimostra di essere proprio una diligente riscrittura della Down By The River di Neil Young; No Reward è un grande brano hard rock, ancora più in evidenza grazie all'ugola d'acciaio di Glenn Huges (Trapeze, Deep Purple, Black Sabbath). Tutti si divertono come matti a suonare in studio e lo si avverte chiaramente. Ci sono anche Elvis Costello, Grace Potter, Toots Hibbert, Ty Taylor, Dave Matthews, Myles Kennedy (Alter Bridge) e Steve Winwood.

Da diversi anni i Gov't Mule (e non solo loro) dedicano ai propri fans dei concerti tematici nel giorno di Halloween. In quelle occasioni i Muli si "travestono" da qualche altra grande band della storia del rock. Dark Side Of The Mule (***1/2) è un cofanetto quadruplo (3 cd + 1 dvd), nel quale viene riletto parte del repertorio degli anni '70 dei Pink Floyd. I Gov't Mule spesso sono fin troppo ossequiosi degli originali e non si capisce bene il senso dell'operazione.
 

Certo ci sono anche alcune perle (Have A Cigar, Ferless, Shine On You Crazy Diamond dal sesto movimento in poi) e poi ci sono alcuni classici della band, in particolare sul versante jazz rock (Game Face, Kind Of Bird, Trane o la cover davvero particolare di St. Stephen dei Grateful Dead). Erano il più grande power trio del mondo e sono diventati viceversa una band un po' rutinaria, le cui dinamiche musicali sembrano esclusivamente delle scuse per far partire gli assoli, al soltio magistrali, di Warren Haynes.

 
Registrato dal vivo nel 1999 insieme alla chitarra di John Scofield ed alle tastiere di Dan Matrazzo (più qualche altro ospite del "giro Muli"), Sco - Mule (2015 - **1/2) è un mero esercizio stilistico nell'ambito della fusion. I Gov't Mule (in particolare quelli fenomenali dell'epoca) sono assolutamente in grado di confrontarsi con un repertorio jazz e qui lo dimostra una scelta di brani che tocca il repertorio di John Coltrane e di Wayne Shorter.

Questo doppio completamente strumentale risulta però troppo freddo sterilmente tecnico. Altri musicisti hanno saputo valorizzare meglio il talento indiscusso di Mr. Scofield. Da ricordare in particolare Doing It To Death, Birth Of The Mule e Kind Of Bird.

Le celebrazioni per il ventennale della band proseguono con il live quadruplo (3 cd + 1 dvd riassuntivo) Dub Side Of The Mule (2015 - *****). Si tratta probabilmente del disco dal vivo più completo della carriera dei Muli, registrato a New York City, durante la note del capodanno 2006. Nel primo cd la band sgranchisce i muscoli e sciorina il consueto mix tra originali e cover.
 
Bellissime la jam tutta beatlesiana She Said, She Said / Tomorrow Never Knows, l'estesa Painted Silver Light, la pura fusion di Sco-Mule, nonché la cover di A Whiter Shade Of Pale dei Procol Harum, nobilitata da un devastante assolo finale di Warren Haynes. Già verso la fine della prima parte del concerto si iniziano ad ascoltare suggestioni ritmiche di stampo decisamente reggae, che sfociano in un secondo cd in cui la parte del leone la fa la voce dell'ospite Toots Hibbert (Toots & The Maytals). E' un'ora abbondante grondante soul e buone vibrazioni giamaicane, con momenti spettacolari quali I'm A Ram (Al Green), I've Got Dreams To Remember (Otis Redding), Reggae Got Soul (Toots & The Maytals appunto), Let Down in salsa ska (Radiohead, irriconoscibile rispetto a quella di OK Computer) ed una sorprendente versione in levare del classico Soulshine. Il terzo cd è dedicato al blues ed al southern rock più classico, con ospiti di rilievo assoluto, quali Gregg Allman & Friends e John Popper (Blues Traveler). Qui meritano il circoletto rosso la cover di Just Like A Woman (proprio il super classico di Bob Dylan), la sempre monumentale Dreams (Allman Brothers Band), una drammaticissima It's A Man's Man's Man's World (James Brown) e la migliore versione di sempre di It Hurts Me Too (Elmore James). Si chiude addirittura omaggiando Tom Waits. Disco sbalorditivo nell'essere convincente in ogni frangente.    
Nel 1994 i Muli stavano già registrando il loro album d’esordio, che però venne scartato e pubblicato solo l’anno successivo con altro titolo ed altra scaletta. The Tel Star Sessions (2016 - ****) è appunto quel disco perduto, con le arcinote Blind Man In The Dark e Rocking Horse, nonché la solita generosa razione di cover (Mr. Big dei Free, The Same Thing di Willie Dixon, Mother Earth di Memphis Slim e Just Got Paid degli ZZ Top).
 La sorpresa (ma neppure tanta) è che l’album ha davvero una sua dignità che va oltre la mera archeologia o il feticismo per un gruppo già divenuto leggendario. I Gov’t Mule degli esordi furono fin da subito power trio mirabile, capace di rivaleggiare con i grandissimi specialisti del genere (The Cream, Taste, Johnny Winter And e, perché no, ci metto pure la Jimi Hendrix Experience). Ascoltare la potenza di Monkey Hill, le oscillazioni jazzate di Left Coast Groovies o l’intensità psichedelica di World Of Difference per credere.
Revolution Come, Revolution Go (2017 - ****) è semplicemente l'album più bello dei muli fin dai tempi del primo volume di The Deep End. Sono le power ballad il fiore all'occhiello della scaletta (Pressure Under Fire, Traveling Tune, Dreams A Songs, Easy Times) anche perché Warren Haynes non ha mai cantato così bene e sfodera una serie di assoli di chitarra così melodici da fare invidia al suo maestro e mentore Dickey Betts (quello di Traveling Tune sembra uscire dritto dalle sessions di Brothers And Sisters).
 

Poi nell'album c'è anche molto altro: dalla potenza hard rock di Stone Cold Rage, alla cover completamente reinventata di Dark Was The Night, Cold Was The Ground (Blind Willie Johnson), fino a qualche jam che lascia prefigurare future sicure glorie concertistiche (Drawn That Way, Revolution Come Revolution Go).

 Lorenzo Allori