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JIM DICKINSON Discografia

James Luther "Jim" Dickinson (1941 - 2009) è stato, insieme a Tom Dowd, il vero catalizzatore della cosiddetta scena southern rock. Ha firmato alcune delle produzioni migliori dei dorati anni '70 (famosa soprattutto la sua collaborazione con i Big Star) ed ha realizzato in proprio degli album importanti per il loro valore storico e per la riscoperta del blues rurale e del gospel.
 
Il primo album della carriera di Dickinson è un gioiello misconosciuto intitolato Dixie Fried (1971 - ****). Jim dimostra di essere un pianista / chitarrista con i controfiocchi e di avere una voce molto potente, capace di spaziare con disinvoltura dal soul al blues. L'album è caratterizzato dalla presenza di Dr. John e da alcune cover d'autore (Casey Jones dei Grateful Dead e Dixie Fried di Carl Perkins).

Il momento migliore dell'album è rappresentato da John Brown, canzone scritta da Bob Dylan e da questi ceduta all'amico. Dylan la inciderà solo a metà anni '90 nell'Unplugged di MTV. Dixie Fried è, insieme all'esordio di Boz Scaggs (benedetto questo però dalla presenza della chitarra di Duane Allman) il vero punto di riferimento del cantautorato sudista di quegli anni.

Dopo anni di silenzio assoluto, in cui Dickinson si è dedicato esclusivamente alla produzione, esce il live A Thousand Footprints In The Sand (1992 - **1/2). Il nostro uomo ha trovato grande affinità con lo spirito del nuovo alternative rock americano, producendo con successo album storici di Green On Red, The Replacements e Mudhoney. Proprio l'ex chitarrista dei Green On Red, Chuck Prophet, si vede accreditato il 50% di questo album. C'è tanto blues in questa scaletta (bella la rilettura del classico Nobody Knows When You're Down And Out), ma spesso abbastanza sgangherato. Risplendono Wildwood Boys ed Across The Borderline, scritte a sei mani insieme agli amici Ry Cooder e John Hiatt.

Quando Jim è ormai famoso più per essere il padre di due terzi dei North Mississippi Allstars, che per essere un grande produttore / musicista, esce l'ottimo Free Beer Tomorrow (2002 - ****), in cui si dimostra in pieno la sua grande abilità come pianista e cantante. Anche i figli (che qui partecipano come ospiti) si avvarranno spesso del suo apporto, allargandosi a quartetto in diversi tour americani. La voce cavernosa del vecchio Jim fa letteralmente faville nello stellare blues Bound To Lose, guidato da un violino dal sapore bucolico.

I medesimi ingredienti del predecessore sono dosati con cura nel più deludente Jungle Jim & The Voodoo Tiger (2006 - ***). Ormai tutti si sono ricordati del talento di Jim ed è una corsa a venire ad aiutarlo. Questa volta tocca al bluesman Alvin Youngblood Hart, mentre Ry Cooder scrive una parte delle note di copertina. Violin Bums è il biglietto da visita di un disco purtroppo non molto ispirato (fin dall'orrenda copertina).

Fishing With Charlie And Other Selected Readings (2006 - **) è esattamente quello che promette il titolo: una serie di letture accompagnate dal suo inimitabile pianoforte (non dimentichiamoci che spesso lo ha suonato, negli anni '60, per la voce della divina Aretha Franklin). Consigliabile solo per chi conosce a menadito la lingua inglese (o meglio lo slang del Mississippi / Tennessee).

Killers From Space (2007 - ***) è l'ennesima uscita formata quasi esclusivamente di cover d'autore (molte delle quali letteralmente sconosciute al grande pubblico). Molto gradito il ripescaggio di Texas Me del Sir Douglas Quintet.

Già pieno di acciacchi vari, Dickinson trova la forza, poco prima di morire, di incidere Dinosaurs Run In Circles (2009 - ***1/2). Si tratta di uno dei dischi più ispirati della sua carriera, con il pianoforte sempre in primo piano. Si cerca, con successo, di coniugare lo stile di Ray Charles con quello dei Rolling Stones. Da riscoprire.

A tre anni dalla morte spunta I'm Just Dead, I'm Gone (2012 - ***1/2), album di puro blues rurale / gospel registrato dal vivo in compagnia dei North Mississippi Allstars (Memphis, 2 giugno 2006). Come al solito nella carriera di Jim risplendono le cover: molto bello l'inno Down In Mississippi di JB Lenoir (proprio l'idolo del grande John Mayall) ed addirittura sopra le righe la rilettura del classico folk Codine della cantautrice pellerossa Buffy Saint-Marie.

 
 
  
  Lorenzo Allori