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Contagion – Steven Soderbergh

 

Si può dire, il film di Steven Soderbergh non è quello che ci si aspettava. Almeno per un occhio meno critico che è quello dello spettatore medio in trepida attesa per l'uscita del film, il regista reso famoso dal film The Bourne Ultimatum in questa sua opera pare aver perso il fervore dinamico che distingueva, in quella sempre più stretta cerchia del cinema d'autore senza lucrosa reticenza, la sua macchina da presa.

Il film si concentra sulle conseguenze della diffusione di un virus che rischia, anzi trasforma il contagio in una pandemia mondiale. Compito degli scienziati è risalire al portatore del virus, identificarne la natura e trovare quindi la cura. In mezzo a tutto ciò scoppia la crisi e il delirio totale, dalle grandi città affollate degli Stati Uniti alle comunità sperdute dell'Asia centrale. Tutti o quasi diventano lacrime nella pioggia, pendenti o meno dalle guance della Provvidenza divina. Una volta che si ha il virus, si muore.

Il cast, a dispetto di una trama di per sé essenziale, è nutrito e di eccezione: Gwyneth Paltrow, Matt Damon, Jude Law, Marion Cotillard, Kate Winslet.

Alcuni di questi, tuttavia, non fanno neppure in tempo "mettersi in scena" che già si trovano sotterrati dalla trama del film. La prova della bella e brava Gwyneth rimane appannata già dai titoli iniziali; Kate Winslet risulta sin troppo stretta entro quel ruolo che le ha assegnato il regista e che le impedisce di tirare fuori le sue maggiori peculiarità: uno sguardo dolce ma sempre attento e guardingo, l'intercedere nel tessuto della trama quasi silenzioso eppure comunicativo ma che qui diventa quasi rilegato alla "maniera", alla pura accademia.

Matta Damon, agli occhi dello spettatore invecchiato e ingrassato, ha ampio spazio per descrivere e comunicare il dolore e il senso di dispersione e di impotenza che il virus porta nella sua famiglia, simbolicamente diventato l'exemplum della tragedia e della corruzione dell'umanità, nel senso meno stretto del termine. Le riprese in primo piano che scrutano le pieghe di un volto accartocciato in mani poco risolutive costituiscono uno dei momenti più alti del film.

Il resto, e i restanti, sono tutti da vedere, ma senza grandi sorprese.

 Letizia Magnolfi