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EL TOPO

di Alejandro Jodorowsky. (1971, Messico)
con: Alejandro Jodorowsky, Mara Lorenzio, David Silva, Brontis Jodorowsky




El Topo è un animale che scava sottoterra e che quando arriva in superficie e vede il sole, diventa cieco"
Alejandro Jodorowsky scrittore, attore, drammaturgo e psicomago, un tempo, era anche regista.I film da lui diretti sono singolari, violenti ed insieme dolci come il loro creatore, hanno il sapore della sperimentazione, della fiducia cieca nella possibilità di evoluzione interiore.

"El topo" , secondo dei quattro film del regista cileno, narra una storia divisa in due parti; la prima tratta di un improbabile pistolero e del percorso che questi compie per diventare il migliore sconfiggendo i suoi rivali mentre la seconda vede il solito uomo che ha ripudiato la violenza e che si prodiga per i bisognosi.
La storia, tuttavia, è secondaria, questa pellicola è il primo esempio di cinema western surreale, i quattro maestri che il protagonista deve sconfiggere sono pretesti simbolici che nascondono, neanche troppo, le tappe evolutive che gli permetteranno di elevarsi.
 
Il personaggio principale è interpretato dallo stesso regista che ecita con dedizione illimitata alla causa sopperendo, solo in parte, ad una mancanza di stile innegabile.Gli altri attori, tra i quali figura anche il figlio del regista, recitano in modo estremo, senza compromessi, ogni espressione, ogni movenza sembra essere definitiva, risolutrice, in sintonia con l'atmosfera apocalittica che si respirava sui set dei film di Jodorowsky. 

La regia, aiutata dalla bella fotografia di Rafael Corkidi, è onirica, psichedelica e, sebbene non sempre sia comprensibile, è interessante; in alcune scene, come nel caso delle sequenze girate nel deserto o dentro al monastero, il regista era decisamente ispirato.
Il film è dissacrante nei confronti della società, calca la mano attaccando la religione come strumento di potere, si ribella di fronte alla rigida divisione castale della società occidentale ed è estremo fino a rappresentare scene di sodomia nelle quali sono coinvolti dei monaci ma, in realtà, non offende nessuno perché i destinatari delle accuse non sono in grado di recepirle.

Infine, il cinema di Jodorowsky e la sua sensibilità sono riconoscibili ed apprezzabili come nobili tentativi di innovazione ma sono, allo stesso tempo, forzati; non si può nascondere che la sperimentazione continua e, a tratti stucchevole, non soddisfi pienamente lo spettatore.
Tutti si aspettavano che il regista maturasse, molti speravano che quello fosse un periodo iniziale della sua cinematografia, che fossero tutti passi necessari per giungere a fare il cinema, quello vero.
Jodorowsky li ha delusi, servendosi del cinema come una tappa del suo percorso evolutivo e non mettendosi al servizio dell'evoluzione del cinema stesso.

L'inviato Morellik