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IL NASCONDIGLIO

di Pupi Avati (Italia, USA 2007)
con Laura Morante, Rita Tushingham, Burt Young, Treat Williams, Yvonne Sciò, Peter Soderberg



l momento in cui si spengono le luci del cinema, quando gli occhi si abituano allo scorrere delle immagini sul grande schermo, il silenzio dovrebbe essere religioso per dar modo allo spettatore di lasciarsi rapire dalla magia dello spettacolo; spesso questo non avviene, può capitare di essere seduti accanto ad un maleducato che non riesce a fare a meno di condividere le proprie considerazioni con l'amico o si ha la sfortuna di essere vicini a una coppia di fidanzatini che sfrutta il cinema per non ovviare al tedio della vita di coppia.

 In quel caso, generalmente, esistono due strade: infuriarsi o sopportare stoicamente pensando che far notare l'incoerenza del far chiasso ne produrrebbe in maggior quantità.



Esistono tuttavia delle eccezioni. Durante la proiezione de' "Il nascondiglio" lo sghignazzamento e le risate mal represse non davano fastidio; il film è talmente brutto che, tutto sommato, erano giustificate e il desiderio di rapimento, lungi dall'essere metaforico, diviene reale.

 

La storia del film, tratta da un romanzo dello stesso regista, è quanto di più banale si possa immaginare, i cliché sono utilizzati senza timore e parsimonia, si aggiunga che alcune cose funzionano in Emilia Romagna e non nello Iowa e la frittata è fatta. Lei, interpretata da una Laura Morante sempre meno versatile e rinchiusa in un ruolo che trascina da un genere all'altro senza inventiva, sente delle voci in una brutta casa dove è stato commesso un efferato delitto.
Nessuno le crede, si trova tutti contro finché qualcuno non l'aiuta e insieme scoprono la verità. Fine.

Pupi Avati ha girato in America, con un cast in parte statunitense, un film che sorprende in negativo, che non trova giustificazione se non nell'iperattività di un regista che propone un film l'anno e che, rischio incluso nella sovrapproduzione, ogni tanto esce dal seminato.

La delusione è cocente proprio perché dall'autore de' "La rivincita di Natale", "La casa dalle finestre che ridono" e "La seconda notte di nozze", integerrimi, pretendiamo che nei momenti di crisi creativa deponga la macchina da presa e faccia altro.

Una volta terminate le riprese ed il montaggio Avati deve aver visionato il materiale e deve aver giudicato che fosse un buon lavoro per aver permesso che sia uscito nelle sale e per averne parlato con entusiasmo nelle interviste oppure difende semplicemente qualcosa che è suo com'è nella natura dell'essere umano.

Non è dato di saperlo, ci ripagherà con un bel film il prossimo anno.

L'inviato Morellik