On Air Stiamo trasmettendo:
The Boiler - "Born in the USA" di Gianluca Sitta

Parola di DJ

newsletter
Vuoi essere informato su tutte le novità di Radiogas?
Iscriviti alla nostra newsletter
Scrivi la tua email



LA CASA DALLE FINESTRE CHE RIDONO

di Pupi Avati (Italia-1976)
Con: Lino Capolicchio, Francesca Marciano, Gianni Cavina.



Tutti, in quello strano paese, sono a conoscenza della storia di Buono Legnani, il "pittore delle agonie", ma tutti si voltano dall'altro lato, persone senza bocca ne' orecchie, inutile che il maestro Stefano (Lino Capolicchio) voglia portare a termine il restauro nella chiesetta isolata, perché occhi nell'ombra sono pronti a spiare, riferire, e le ombre che si muovono attorno a lui lo cingeranno in una morsa dalla quale è tremendamente difficile liberarsi.

Ogni tassello dell'affresco che emerge dall'intonaco coincide con avvenimenti raccapriccianti, ma il segreto di tutto è dipinto sulle bocche sorridenti di finestre chiuse da anni, o forse nella camera malsana di una vecchietta inferma nel proprio letto da chissà quanto tempo.
"La casa dalle finestre che ridono" è senza ombra di dubbio uno dei più riusciti horror italiani degli anni '70, narrato in un crescendo emozionale che Avati esprime in questo genere cinematografico come solo un Maestro sa fare, concentrando già nei titoli di testa momenti visivi e sonori assolutamente macabri per poi aprire invece con un inizio quasi romantico e autunnale.

La sceneggiatura è firmata inoltre da Antonio Avati, Maurizio Costanzo(!) e Gianni Cavina, quest'ultimo da sempre uno degli attori feticcio del regista.

 Lo spettatore, anche il più scettico, alla fine rimane rapito dall'azione e colpito da svolte inaspettate dell'intreccio, perché quelli che sembrano stereotipi classici come una casa semi abbandonata, una vecchietta o una civetta nella notte, divengono elementi amalgamati e indispensabili (soprattutto per ricreare un'atmosfera che è quella reale delle campagne padane) per un culmine che ricucirà ogni singolo pezzo lasciato in giro, un puzzle dell'orrore del quale ogni tassello crea brividi sempre più forti.
 

Forse l'espediente dell'affresco che a poco a poco viene fuori e mostra tutto l'orrore di ciò che è successo in passato è una scopiazzatura da "Profondo Rosso", ma sicuramente Avati lo ricostruisce meglio.

È un vero peccato che si sia cimentato solo poche volte nel genere horror (anche se in molte scene viene fuori il grottesco dei suoi primi film, perché avrebbe potuto diventare un maestro del genere, dato che in Italia ce ne sono pochissimi.

La colonna sonora di Amedeo Tommasi è perfetta, praticamente solo pianoforte, ed una sequenza di note d'organo ossessive che sono il filo conduttore sonoro della vera e propria azione di suspence, anche se Avati abilmente, omette la musica in scene dove la tensione si crea solo grazie alle immagini e al silenzio. Da antologia i titoli di testa e l'ultima parte.

Da rivedere specialmente nella splendida edizione restaurata, dvd ricco di contenuti speciali, e molto ben confezionato. Dieci e lode.

Daniele Nuti e Mirko Ciardi