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Ian Curtis: la vita e i Joy Division – MICK MIDDLES & LINDSAY READE

 

Autori: Mick Middles, Lindsay Reade

Editore: Odoya, Città di Castello (PG) - 2010

Pagine: 364

Prezzo di copertina: € 20,00
 

Sgombriamo per prima cosa il campo da un equivoco: se voi non credete che i Joy Division siano stati uno dei punti emotivamente più alti toccati dal rock n’roll nell’intera sua storia e se la loro musica vi annoia mortalmente, allora non continuate a leggere questa recensione.

I due autori (che hanno conosciuto Ian e soprattutto sono legati a suoi amici stretti) hanno avuto l’ingrato compito di confrontarsi con un’icona pop di dimensioni non trascurabili. Ian è la montagna di nervi e muscoli con gli occhi in fuori che balla in modo curioso durante le esibizioni dei Joy Division, Ian è la persona troppo sensibile che non riesce a reggere al successo e ad una malattia (l’epilessia) di una violenza incredibile, Ian è colui che ha inventato il rock gotico e ne ha scritto alcune delle canzoni più memorabili. Soprattutto Ian Curtis è un mistero. Da dove veniva quella forza dirompente? Da dove quelle parole che spezzano il cuore anche solo a sfiorarle? Da cosa era originato tutto quel dolore?

I Joy Division sono uno dei pochi gruppi che non possono lasciare indifferenti o distratti i loro ascoltatori. Mettete su Closer o Unknown Pleasures in mezzo ad un party e subito creerete il silenzio. Alcuni verranno a chiedervi chi diavolo sono quelli che suonano, altri vi intimeranno di togliere quei depressi sfigati, tutti però saranno colpiti dalle emozioni. E contro le emozioni c’è veramente poco da fare.

Il libro è godibile soprattutto dal momento dell’uscita del primo ep della band (il controverso An Ideal For Living del 1978) fino al suicidio di Ian. Ci sono dei momenti in cui il lettore riesce a sentire distintamente il peso della “scimmia sulla spalla” del “grande male”, pur avendo Middles e la Reade non certo le stesse capacità letterarie che hanno fatto de La storia di Elsa Morante uno dei capolavori assoluti del ‘900. E ci sono altri momenti in cui le funeree note di Atmosphere sembrano propagarsi proprio dalle pagine che raccontano i trionfi live della band di Manchester. E’ inoltre magistrale la descrizione della controversa relazione di Curtis con la sua amante, la giornalista belga Annik Honoré.

All’inizio invece il libro è molto noioso e fallisce proprio nel tratteggiare le caratteristiche dello Ian bambino, adolescente e padre appena più che ventenne. Ian Curtis prima dei Warsaw e dei Joy Division viene dipinto come una sorta di prodigio umano, del quale ogni gesto o tic facevano presagire la futura genialità. Secondo me invece se la ricchezza interiore di questo ragazzo fosse stata così lampante, di sicuro il mondo non lo avrebbe lasciato andare in questo modo. Ancora ci manca.

 

“Non c’è parola che possa spiegare,

nessuna azione è decisiva,

nient’altro che osservare gli alberi

e le foglie che cadono.”

 

Joy Division – Passover, 1980.

 

 Lorenzo Allori