A chi gli ha chiesto come gli sia venuto in mente, a lui normalmente piuttosto schivo, di scrivere un libro su di sè, Francesco Guccini ha risposto disarmante: "Mi ci sono trovato mio malgrado". E pare che, per scuoterlo dalla sua pigrizia, gli abbiano anche fatto credere che Alberto Bertoni, autore della seconda parte del libro, avesse già scritto un mucchio di cartelle. Ed ecco che l'autobiografia di uno dei cantautori italiani più celebri e di sinistra arriva pubblicata dalla berlusconiana Mondadori, ma è un paradosso a cui ormai siamo (putroppo) abituati. Però il titolo è bello, tratto da una delle canzoni più belle e storiche di Guccini, La locomotiva. "Come se avessi scritto quella lì e altre due o tre", brontola lui. "Non so che viso avesse" parla della Pàvana dell'infanzia, con il mulino di famiglia e mamma Ester che avrebbe voluto che il giovane Francesco diventasse un professore di Storia, mica un cantautore. Parla di Modena e della scena beat Anni Sessanta, nata quasi per caso dalle bande musicali di balera dove Guccini suonava indossando improbabili giacche a scacchi. E parla naturalmente di Bologna, delle osterie di fuori porta che ormai non ci sono più da un pezzo, ma «è inutile piangere sul latte, pardon, sul vino versato». Stralci e stracci di vita viossuta, simile peraltro a quella di ogni artista che voglia fare l'artista e non il belfaccino ad Amici come usa oggi. E a proposito di amici, nell'autobiografia gucciniana ne sfilano molti: da Luciano Ligabue a Leonardo Pieraccioni, che ha voluto il barbuto Francesco anche in un film. A Pàvana Guccini c'è tornato a vivere dieci anni fa, in quel paese da cui ci volevano, un tempo, quattro ore di corriera per raggiungere Porretta, a cavallo tra Emilia e Toscana. Ma «il cerchio si sta chiudendo e a un certo punto si torna là da dove si è partiti, al luogo che ha fatto e continua a far sognare». Come le sue canzoni. Questo libro non è solo un'autobiografia ma anche un racconto di luoghi e di sapori ormai perduti, come gli umidi cucinati dalla nonna che gli regalò la prima armonica a bocca e la prima chitarra. Il prossimo 14 giugno Guccini farà 70 anni, sono lontani i tempi del suo debutto nel 1967 nel programma "Diamoci del tu" condotto da Caterina Caselli e Giorgio Gaber. L'onestà della sua musica, la sua autonomia di giudizio anche al tempo degli anni di piombo e dell'ideologia stretta tra slogan e pugni chiusi, sembrano fare a pugni con il Far West italico dell'illegalità di oggi e della corruzione quotidiana: morde ancora il vecchio leone? ,E perchè parole come proletariato o lotta operaia, nonostante brucino d'attualità, sembrano così terribilmente vecchie? David Drago |