Anno di pubblicazione: 2013 Provenienza: Italia Genere: pop jazz Voto: *** Brano migliore: Beautiful
Commento: Ho acquistato il nuovo album del pianista marchigiano perche' sul palco di San Remo la sua Sai (ci basta un sogno) mi era sembrata la canzone piu' intensa e ben congegnata dell'intero panorama festivaliero. Happy Mistake invece denuncia una disomogeneita' di fondo che mi disorienta. Il Gualazzi che canta in inglese e' molto convincente, suona un interessante ibrido tra pop jazz californiano e soul bianco ed ha una voce del tutto all'altezza della perizia strumentale. Nelle tre canzoni in italiano invece si evidenziano i ben noti limiti della sua voce: il fraseggio inciampa, la stonatura e' sempre dietro l'angolo, il fiato e' sempre corto. Anche il repertorio e' piu' demode', come un Paolo Conte meno ironico e piu' sentimentale. Ad aumentare la confusione ci si mettono anche un paio di brani classicheggianti (omaggi a Nino Rota e Giuseppe Verdi) e qualche accenno latino francamente prescindibile. Ripartire da Don't Call My Name, Beautiful o Welcome To My Hell, please. Assomiglia a: Paolo Conte, Ben Folds Five, New Radicals, Randy Newman Dove ascoltarlo: in un negozio di bricolage. |