On Air Stiamo trasmettendo:
Day Dream con Marco Monzali

Parola di DJ

newsletter
Vuoi essere informato su tutte le novità di Radiogas?
Iscriviti alla nostra newsletter
Scrivi la tua email



Gato Barbieri - The Third World

 Le "piertre miliari" del Jazz
di Radiogas
 

Anno di pubblicazione: 1970

Brani: Introduction / Cancion del llamero / Tango - Zelao - Antonio Das Mortes - Bachianas Brasileiras / Haleo and the Wild Rose

Musicisti: Gato Barbieri (sax tenore); Charlie Haden (basso); Beaver Harris (batteria); Richard Landrum (percussioni); Roswell Rudd (trombone); Lonnie Liston Smith (piano).


Leandro "Gato" Barbieri è stato, ed è tuttora, uno dei sassofonisti più riconoscibili della storia del jazz. Un vibrato forte e sicuro, il suo, che si innalza fino quasi a strangolarsi in acuti impetuosi, ripetuti, pieni di urgenza ed ebbrezza. Anche il suo jazz era così, almeno nei primi anni: intenso, vibrante, torrenziale, certamente free ma con un misterioso senso della melodia, seducente e malinconica, che era parte dell'anima latina di Gato e ne addolciva le acrobazie più folli.

Fu questo il Barbieri che conquistò il mondo nel 1972 con la soundtrack di Ultimo Tango a Parigi e poi, però, continuò a vendere centinaia di migliaia di dischi, sempre più fusion, melodici e latini, sempre meno jazz e, diciamolo, anche meno interessanti. Voglio invece riportarvi al punto di svolta della sua carriera, al momento in cui questo giovane jazzista argentino, uno dei mille epigoni di John Coltrane, decise che per lui il free non era sufficiente ed era, invece, il momento di inserire nel suono della protesta nera le musiche folcloriche di un altro mondo povero e in ebollizione, la sua America latina. Il Terzo Mondo.

Barbieri scelse per questo album la crema della crema dei musicisti free: Beaver Harris alla batteria, Charlie Haden al basso, come secondo fiato l'originalissimo trombone di Roswell Rudd, Richard Landrum alle percussioni e l'inarrestabile e luminoso pianoforte di Lonnie Liston Smith, già con Pharoah Sanders. I brani prescelti, fedeli alla natura di manifesto dell'album, coinvolgevano l'intero Sudamerica: un tango di Astor Piazzolla mescolato a una canzone di pastori dal nord dell'Argentina, una delle "Bachianas Brasileiras" del compositore classico brasiliano Heitor Villa Lobos ma, sempre dal Brasile, anche una canzone tradizionale come Zelao. E poi un brano del pianista sudafricano Dollar Brand e uno originale di Barbieri, Antonio Das Mortes. Ma è l'effetto della musica a coinvolgere e sconvolgere: un flusso cangiante di suoni in cui il pianoforte di Smith e le percussioni innalzano i brani, come un tappeto volante, fino al punto in cui si solleva in volo il sax caliente di Gato.

Le melodie originali latine emergono e, subito dopo, vengono sommerse nel maelstrom di suoni che a volte, in perfetto stile free, sembra sprofondare nella cacofonia ma poi, invece, torna a un'insospettata e dolcissima congiunzione armonica che prelude a una nuova e rielaborata esposizione della melodia... Se ne esce sudati, da un disco così. Ma, in una stranissima misura, anche contenti. E se non ne avrete abbastanza, cercate i successivi album di Gato per la Flying Dutchman e la Impulse, da Fenix a Bolivia, da El Pampero ad Under Fire, da Latino America a Alive in New York e, naturalmente, a Ultimo Tango, che rimane pur sempre una delle colonne sonore più belle della storia del cinema... Non ve ne pentirete. Ma tutto il Barbieri migliore parte da qui. Da The Third World.

E a questo disco si sarebbero anche ispirati i più grandi esempi di fusione tra il jazz e le musiche dal mondo, dalla quasi contemporanea Liberation Music Orchestra di Charlie Haden alla Ray Mantilla Space Station, fino a Jan Garbarek e Gonzalo Rubalcaba. E se aggiungiamo anche la passione politica che sottostava a un passo solo in apparenza esclusivamente musicale, non ci resta che sussurrare tra noi "hasta siempre"...

 Luca Perlini