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PJ HARVEY - White Chalk

L'artista inglese che fin da piccola è stata iniziata alla musica grazie alla complicità di genitori freackettoni (lei è del 1969 e quindi è stata concepita sicuramente nel '68) si evolve ancora.
Partita molto bene, nei primi anni sono lodevoli Ride Of Me e To Bring You My Love, si è sempre evoluta andando a cercare sonorità molto diverse in ogni tappa della sua discografia. Quindi è giusto non paragonare questo suo lavoro ai precedenti perchè troppo diverso.
E allora scrolliamoci di dosso, purtroppo per lei, il passato e analizziamo il presente.

Senza tanti rigirii di parole vi dico che a mio modo di sentire questo è un disco brutto. Undici brani, trentatrè minuti. Se fosse un disco bello ci dispiacerebbe che duri così poco. Qui invece apprezziamo il fatto che la durata sia veramente limitata.
Musicalmente non presenta nessuno spunto su cui soffermarsi, se poi prendiamo il cantato troveremo un continuo lagnarsi. Una canzone è però composta da tre elementi fondamentali: Musica, Voce, Testo. Quindi ci sarebbe da approfondire le parole dell'inglese mutante ma francamente non mi sembra che ne valga la pena scartabellare i testi per trovare qualcosa di buono. Questo è un disco, non una raccolta di poesie. Se vi accontate solo delle parole scritte allora leggetevi un bel libro magari con in sottofondo un bel pezzo musicale e avrete ottenuto un gran bel risultato.
Mi dispiace per Polly Jean ma questo disco è da bocciare. Sperando che la sua prossima mutazione sia decisamente migliore.

Andrea Olmi