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DEREK TRUCKS Discografia

 

Nipote di uno dei batteristi storici della Allman Brothers Band (Butch Trucks), Derek Trucks, fin da giovanissimo, è considerato un vero prodigio della chitarra slide. Nel 2000 entra nella band dello zio nella quale, con Warren Haynes, formerà una coppia di chitarristi capace di far rinverdire la grande tradizione della doppia chitarra solista sudista. Parallelamente Derek ha gestito un'interessante carriera solista con i progetti Derek Trucks Band prima e Tedeschi Trucks Band poi.

Il primo album, intitolato semplicemente The Derek Trucks Band (1997 - ***) è quasi un lavoro di pura fusion. Grazie alla sua grande tecnica ed alla stupenda e potente batteria di Yonrico Scott, il ragazzo (all'epoca appena diciottenne) ed il suo gruppo letteralmente volano sulle difficili note di classici del jazz. Ecco dunque versioni "sudiste" di Naima e Mr. PC (John Coltrane), di So What (Miles Davis) e di Footprints (Wayne Shorter). Le intenzioni sono un filo velleitarie, ma il disco alla fine funziona.

Lo stesso mood dell'esordio viene confermato dal successivo Out Of The Madness (1998 - **1/2), dove però si leggono già i primi segni di stanchezza. Nonostante l'ospitata di straordinari veterani come Warren Haynes e Jimmy Herring (oggi nei Widespread Panic ed all'epoca nei Jazz Is Dead), l'album non decolla (si ricorda solo una bella versione di Good Morning Little School Girl di Muddy Waters). E pensare che le stesse tre chitarre soliste hanno reso epocale un album come Live With A Little Help From Our Friends dei Gov't Mule.

Con l'entrata in formazione del fiatista Kofi Burbridge (fratello del più famoso Oteil, bassista della Allman Brothers Band), la Derek Trucks Band assume una veste più definitiva.
 

Joyful Noise (2002 - ***), rappresenta un episodio più commerciale, come a volte avviene per i grandi chitarristi di Texas Blues. Appaiono ospiti alla voce (sempre più canzoni sono cantate) come la blues woman Susan Tedeschi (moglie di Derek) o il grande Solomon Burke.

Quando sembrerebbe che la band sia pronta per gettarsi a capofitto nel grande calderone del pop rock, ecco che esce Soul Serenade (2003 - ***), che invece conferma lo stile blues - jazz strumentale dei primi lavori. Da Bob Marley a John Coltrane, Derek ed i suoi declinano a modo loro la storia della musica nera e lo fanno con una naturalezza che promette scintille nella dimensione live. In studio questa musica annoia, più che ammaliare.

Ed in effetti con il primo disco dal vivo, Live At Georgia Theatre (2004 - ****), il gruppo spicca finalmente il volo. Trucks questa volta ha fatto le cose per bene, ingaggiando la potente voce soulful dell'ottimo Mike Mattison. L'album doppio è comunque legato più che altro ai duelli di assoli tra la chitarra del leader ed il flauto traverso di Kofi Burbridge. Alcuni brani superano i 15 minuti e moltissimi i 10. La Derek Trucks Band nasce nell'incubatrice del southern rock, ma sfodera uno strano stile afro - cubano. Trucks sarebbe stato forse il chitarrista ideale per l'orchestra di Dizzy Gillespie.

Songlines (2008 - ***) è il primo vero album di southern rock del complesso, ma conferma l'imbarazzo del sestetto in studio. Resta il fatto che la Derek Trucks Band è divenuta un punto di riferimento di un certo tipo di musica e tutti aspettano dalla coppia Mattison / Trucks il capolavoro destinato a rilanciare il rock sudista nelle classifiche mondiali. Questo capolavoro certo non è Songlines, che è invece soltanto sufficiente.

Anticipato da una serie perfino imbarazzante di recensioni entusiastiche, Already Free (2009 - ***) segna invece per me l'ennesima occasione mancata. Derek è un chitarrista sopraffino, ma come scrittore di canzoni lascia parecchio a desiderare e Mike Mattison non ha la caratura per prendere in mano le redini del gruppo. Bellissima la cover del classico del soul Sweet Inspiration (Dan Penn).

Al solito le cose migliorano (e molto) dal vivo. Roadsongs (2010 - ****) è album più sanguigno del predecessore live e decisamente meno jazzato. Resta il fatto che, accanto ad una Anyday molto sudista, si possono trovare jam estese come Afro Blue (John Coltrane) e Rastaman Chant (Bob Marley). Sembrerebbe il disco della conferma, ma invece è il canto del cigno della Derek Trucks Band. La carriera di Susan Tedeschi, come già detto moglie del nostro, non decolla affatto. Nasce così un gruppo esteso denominato Tedeschi Trucks Band, sulle tracce di Delaney & Bonnie And Friends.

Revelator (2011 - ***1/2) è dunque un nuovo inizio. Fatto salvo il fastidioso yodel country della Tedeschi, l'album funziona meglio che tutti i predecessori in studio. Midnight In Harlem e Until You Remember sono già dei classici del gruppo.

Paradossalmente la Tedeschi Trucks Band sembra riuscire un po' peggio dal vivo. Live Everybody's Talkin' (2012 - ***) è un doppio album disomogeneo, con una prima parte dedicata alle canzoni soul ed una seconda parte invece riferita alle jam. Si intenderebbe davvero ricreare il miscuglio tra soul, country, blues, jazz e rockabilly che aveva caratterizzato il leggendario tour di fine anni ‘60 di Delaney & Bonnie con Eric Clapton e Dave Mason alle chitarre. Risultato beninteso ben lontano dall'essere raggiunto, ma comunque classe e competenza a piene mani.

Con Made Up Mind (2013 - ***1/2), Susan Tedeschi dimostra di avere saldamente in mano il controllo del gruppo, ma le canzoni prendono il volo solo in coincidenza del decollo degli assoli di Derek alla slide. Come strilla l'immagine in copertina questa è musica orgogliosamente fuori dal tempo, ma canzoni come la title track, Idle Wind o The Storm dovrebbero fare breccia nel cuore di qualsiasi appassionato di southern rock.

 
Se non è così, significa che il vostro cuore è fatto di pietra.
A forza di provare la Tedeschi Trucks riesce alla fine a produrre un grande album. Let Me Get By (2016 - ****), rispetto al recente passato, è forse più sbilanciato verso la pura black music (leggi alla voce soul), con minori incursioni nel rock e nel blues. Anche Mike Mattison trova qui finalmente lo spazio che merita, cantando la felpata Crying Over You / Swamp Raga e scrivendo diversi brani.

Let Me Get By è un disco colmo di ballate corali, solenni come solo certe cose di The Band riuscivano ad essere. Poi, ogni tanto, intervengono i fiati o la magica chitarra di Derek e parte il delirio jam. Le canzoni in versione live prendono ancora più vita (e lo dimostrano i brani registrati al Beacon Theatre di New York contenuti nel bonus cd della versione deluxe dell'album). Da demandare ai posteri c'è soprattutto la bellissima Anyhow.

 

Aveva proprio ragione Derek Trucks. Dopo diversi anni e tanti tentativi, sempre più vicini all'obiettivo, questo nuovo album dal vivo intitolato Live From The Fox, Oakland (2017 - *****) è il capolavoro che tutti stavano richiedendo al formidabile chitarrista, fin dal momento dello scioglimento della Derek Trucks Band.

 

Adesso non c'è più nessun motivo di rimpiangere i vecchi album o la voce sempre affascinante di Mike Mattison (comunque eccezionale quando viene chiamato in causa anche questa volta). La Tedeschi Trucks Band è semplicemente il miglior live act del mondo, insieme a pochi altri eletti (Gov't Mule, Dave Matthews Band, Phish) e questi due cd ce ne danno una prova inconfutabile. Il primo cd è maggiormente focalizzato sulle canzoni e vi si può ammirare un assolo mostruoso del leader sul classico Keep On Growing dei Derek & The Dominos, una Susan Tedeschi che riesce a limitare il proprio fastidioso yodel in una grande versione della Bird On The Wire di Leonard Cohen, un Mike Mattison in grande spolvero in una Crying Over You grondante di soul ed una Within You, Without You dei Beatles che si fonde in modo mirabile ed insieme sorprendente con Just As Strange. Il primo set si chiude con Anyhow, che possiamo già definire come uno dei migliori pezzi southern incisi negli ultimi trenta anni. Il secondo cd si concentra invece sulle jam, citando anche Carlos Santana (Soul Sacrifice) e Miles Davis (Alì) e lasciandoci senza fiato con una versione spettacolosa di Let Me Get By. Il teatro californiano è stato testimone di uno dei concerti migliori degli ultimi anni e chissà quanti ne farà di simili la Tedeschi Trucks Band ogni mese. Intanto possiamo soltanto bearci di aver capito come sarebbe stato Duane Allman senza la sua dannata passione per la motocicletta.

 

                                                                                             

 Lorenzo Allori