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Neil Young Discografia Anni '70-'80

 

Quando i Buffalo Springfield si sciolgono (1969), la figura del canadese Neil Young è oscurata da quella dei compagni di avventura Stephen Stills e Richie Furay, anche se è proprio il nostro Neil ad aver firmato alcune delle canzoni più convincenti dell'ultimo periodo di vita del gruppo folk rock californiano (Mr. Soul, I Am A Child, Broken Arrow). L'esordio Neil Young (1969 - ***) è forse l'unico album di una carriera articolatissima ad essere legato al classico stile del cantautorato folk. Ballate come The Old Laughing Lady, già incisa per il disco postumo dei Buffalo Springfield intitolato Last Time Around, lo fanno subito notare al grande pubblico. Stupisce la vena psichedelica della lunga ed allucinata The Last Trip To Tulsa. Per rendersi conto a pieno di questo periodo della carriera di Young, è opportuno fare riferimento al disco dal vivo Sugar Mountain: Live At The Canterbury House (1968 - ***1/2), che allinea canzoni dei Buffalo Springfield e del primissimo repertorio solista.

Quasi per caso Young conosce il chitarrista Danny Whitten e la sua band chiamata Crazy Horse. La loro proposta musicale prevede ballate in stile country rock rivestite di costante e pulsante elettricità. Neil Young & Crazy Horse diverrà una delle sigle più famose ed imitate della storia del rock.
 Il connubio funziona fin da subito benissimo con Everybody Knows This Is Nowhere (1969 - ****), album in cui il nervoso chitarrismo del canadese si dispiega in tutta la sua originalità in brani leggendari come le lunghe Down By The River e Cowgirl In The Sand o la più ballabile Cinnamon Girl. La title track, dal punto di vista stilistico, "apre" la collaborazione di Young con il supergruppo Crosby, Stills & Nash.

Prima di atterrare sull'astronave CSN&Y, con i quali il nostro firmerà due capolavori assoluti come l'album in studio Dejà Vu (1970 - *****) ed il doppio dal vivo Four Way Street (1971 - *****), regalando al supergruppo due canzoni ultra note (la ballata Helpless e la polemica invettiva contro il presidente Nixon di Ohio), Young si rende protagonista di un applaudito tour iper elettrico con i Crazy Horse, di cui è buona testimonianza l'album Live At Fillmore East (1970 - ****) uscito molti anni dopo la sua registrazione.

Litigi insanabili con il vecchio amico Stephen Stills fanno abbandonare a Neil il supergruppo con CS&N. Lui reagisce alla grande sfornando un impeccabile lavoro di saporoso country rock elettro - acustico. Si intitola After The Gold Rush (1971 - ****) e presenta alcune delle canzoni più famose della carriera di "cavallo pazzo": Tell Me Why, After The Gold Rush, Only Love Can Break Your Heart e Don't Let It Bring You Down sono ballate nate "per restare", mentre non si risparmiano certo le unghiate elettriche con le altrettanto nobili Southern Man (notevole presa di posizione verso i diritti degli afroamericani, che innesterà poi una particolare polemica a distanza con i Lynyrd Skynyrd) e When You Dance You Can Really Love. Nello stesso periodo Young si presta a fornire la propria inimitabile chitarra elettrica per l'esordio degli amici Crazy Horse (Crazy Horse - 1971 - ****).

Il Neil Young prolifico autore country rock viene fotografato splendidamente dal bell'album dal vivo Live At Massey Hall (1971 - ***1/2), in cui il cantautore rilegge in solitaria tutto il suo repertorio (con interessantissime anticipazioni degli anni successivi), sul leggendario palco della Massey Hall di Toronto.

Neil si sposta a Nashville mettendo insieme una nuova band più orientata al country rock (gli ottimi Stray Gators). Ne esce qualche mese più tardi con un album capace di vendere quasi venti milioni di copie negli ultimi quaranta anni. Harvest (1972 - ****) è, insieme a No Other dell'ex Byrds Gene Clark, il più luminoso esempio di country rock progressivo uscito dalla scena americana di quel fecondo periodo storico. Heart Of Gold, Harvest, Man Needs A Maid e l'acustica The Needle And The Damage Done (scritta sembra per esorcizzare la grave tossicodipendenza del suo amico Danny Whitten) sono ancora oggi tra le canzoni più famose del rock americano. Rimangono però maggiormente in mente la deliziosa melodia guidata dal banjo di Old Man, l'andamento ciondolante di Out On The Weekend e gli inserti orchestrali di Words (Between The Lines Of Age). Con Alabama, ancora una volta, c'è una netta presa di posizione contro il razzismo del sud degli Stati Uniti.

L'insuccesso della colonna sonora del film autobiografico Journey Through The Past (1973 - **1/2) e la morte per overdose di Danny Whitten, lasciano Neil nello sconforto. Il cantautore si rinchiude in uno studio di registrazione insieme ai Crazy Horse e ne esce con un album urlato ed iper distorto che viene rifiutato dalla casa discografica, che si attenderebbe invece un nuovo Harvest. Per ingannare il tempo viene quindi pubblicato un curioso album dal vivo formato completamente da canzoni inedite, che sarà il primo episodio di quella che retrospettivamente sarà definita la "trilogia del dolore". Il disco si intitola Time Fades Away (1973 - ***) e non è certo un masterpiece, anche se l'insuccesso artistico viene mitigato da ottime canzoni come Journey Through The Past, The Bridge e Last Dance.

Il capolavoro assoluto del Neil Young acustico si identifica in On The Beach (1974 - *****), album che si apre più ottimisticamente rispetto al recente passato con il saltellante incipit in salsa southern intitolato Walk On; poi torna sovrano il dolore con Vampire Blues, For The Turnstiles e con lo struggente violino della chilometrica ballata Ambulance Blues. Grande la copertina e grande la musica.

 

Alla fine viene pubblicato anche Tonight's The Night (1975 - ****), il disco rifiutato che doveva essere il primo episodio della "trilogia del dolore" e che invece la chiuderà in gloria. E' il disco più elettrico del primo periodo della carriera di Young ed è estremamente compatto nello stile, nonché doloroso come un calcio di mulo in piena pancia. Spiccano la title track (divisa in due parti, forse per stemperarne la cruda disperazione) e l'unica ballata country rock intitolata Roll Another Number, che strizza l'occhio allo stile dei connazionali The Band.

Con Zuma (1975 - ***1/2) viene messo definitivamente a fuoco il sound epico e potente di Neil Young & Crazy Horse. E' un album dalla qualità diseguale, con lunghi e splendidi affreschi elettrici (Cortez The Killer, Barstool Blues, Danger Bird) e purtroppo troppi riempitivi.

Neil Young e Stephen Stills, i vecchi amici / nemici, si mettono insieme per realizzare il deludente Long May You Run (1976 - **1/2), del quale si ricorda solo la title track, che farà molta fatica ad uscire dalle scalette dei concerti per un ventennio buono.

Uno dei dischi più venduti della carriera di Neil è purtroppo il pasticciato American Stars ‘N' Bars (1977 - **1/2), ancora una volta elettrico. Il successo è comunque assicurato dall'epica Like A Hurricane, sulla quale peraltro per anni penderanno diverse accuse di plagio.

Il country rock torna nell'orizzonte artistico di Neil Young con il niente più che discreto Comes A Time (1978 - ***). Particolarmente bella la ballata Look Out For My Love e appena un passo indietro Human Highway e la cavalcata elettrica Motorcycle Mama.

Mentre il punk rock mette in castigo i "dinosauri" del rock, Neil se ne esce con un album maestoso che benedice la furia delle nuove tendenze musicali. Rust Never Sleeps (1979 - *****), con peraltro uno dei titoli più incisivi della storia del rock, è diviso in due parti ben distinte: ad una prima parte deliziosamente folk (My My Hey Hey Out Of The Blue, Trasher, Ride My Llama, Pocahontas), si aggiunge una seconda parte super incazzata che ha nei Sex Pistols (con tanto di citazione per Johnny il marcio) il punto di riferimento. Ecco allora le devastanti Hey Hey My My (Into The Black), Powder Finger, Welfare Mothers e Sedan Delivery. Semplicemente eccezionale.

Rust Never Sleeps era già album registrato in presa diretta, per questo il successivo doppio dal vivo Live Rust (1979 - ****) non sorprende più di tanto. Le atmosfere sono le stesse dello spettacolare predecessore. Molto belle le versioni rivedute e corrette di The Loner e Cinnamon Girl.

La sbornia elettrica viene smaltita con l'ennesima escursione nel country rock acustico. Hawks & Doves (1980 - ***) non è episodio malvagio, ma sfigura di certo rispetto agli immediati predecessori, oltre ad essere di poco sotto anche al livello non certo eccelso di Comes A Time.

Il contratto con la storica label Reprise si chiude con uno dei dischi più duri della carriera di Neil. Si intitola Re-Ac-Tor (1981 - ***) e rimane in mente soprattutto per l'inno simil punk Prisoners Of Rock N'Roll.

Il nuovo contratto con l'ambiziosa Geffen si apre in modo sorprendente con un Neil Young ammaliato dalla wave elettronica dei Suicide. Ne viene fuori un album oltremodo gelido, amelodico e dove lo strumento guida è il sintetizzatore. Il disco si chiama Trans (1982 - **1/2) e rimarrà un oggetto alieno nella carriera del cantautore canadese.

Inizia il periodo peggiore di una carriera monumentale. Neil Young sbanda e cerca rifugio nel rockabilly revival. Ne esce fuori il superfluo Everybody's Rockin' (1983 - **), sulla cui copertina Neil sembra il cugino scemo di Bill Haley.

I cambi di rotta sono continui e repentini. Old Ways (1985 - **) è l'album più ortodossamente country della carriera di Neil Young. E' però un country di maniera e poppeggiante, non degno di cotanto autore.

 

Dopo molti anni, l'album dal vivo A Treasure (1985 - ***) getta luce sul periodo country di Neil Young, con una performance interessante. Le canzoni sono quasi tutte inedite ad eccezione del ripescaggio dalla scaletta di Harvest di Are You Ready For The Country?. C'è da chiedersi come mai queste composizioni non siano state incluse in Old Ways.

Anche Neil Young cade nella tentazione di produrre certo insulso pop anni '80. Lo fa con il terribile Landing On Water (1986 - *), che fa talmente infuriare la Geffen da (mal) consigliarla di fare causa all'artista perché non è più se stesso. Ovviamente la causa viene vinta da Neil, ma il rapporto con i discografici è irrimediabilmente compromesso.

Per uscire dal contratto con la Geffen, "cavallo pazzo" mette insieme in fretta e furia il prescindibile Life (1987 - **1/2), che riporta parzialmente in gioco i Crazy Horse ed è ricordato per la presenza di Inca Queen, uno dei grandi classici della carriera.

Neil Young firma nuovamente con la Reprise, si allea con lo storico gruppo soul Booker T. & The Mg's e se ne esce con uno strano miscuglio di folk e rhythm n'blues. This Note's For You (1988 - **) all'epoca viene molto pompato dalla stampa specializzata per via dei suoi particolari arrangiamenti fiatistici, ma è album deludente al pari dei predecessori. Più stravagante che bello.

Il buon EP El Dorado (1989 - ***), anticipa il ritorno del nostro alla migliore forma con la bella prova di Freedom (1989 - ***1/2). Il disco vive di uno stile elettroacustico che sembra coniugare le atmosfere di After The Gold Rush con quelle di Rust Never Sleeps. Rockin' In The Free World (proposta sia in versione elettrica, sia in versione acustica, come la storica Hey Hey My My ai suoi tempi) e Crime In The City (Sixty To Zero) sono inni rock indimenticabili.

Cavallo pazzo è tornato. Alleluia!

  
  Lorenzo Allori