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The Black Crowes DISCOGRAFIA

I Black Crowes sono un quintetto della Georgia formatosi alla fine degli anni ‘80. Il gruppo cresce e si sviluppa intorno alle carismatiche figure dei fratelli Robinson: Chris cantante sopra la media dalla voce molto simile a quella di Rod Stewart e Rich chitarrista di grande gusto e potenza. I generi di riferimento della loro musica sono il southern rock e certo rock britannico della fine degli anni '60 (Rolling Stones e Small Faces su tutti).
La storia inizia con Shake Your Money Maker (1990 - ***1/2), disco che riporta il classic rock nelle classifiche americane dopo tanti anni di prevalenza di street / glam rock e trash metal. L'album vive soprattutto sull'impressionante uno - due iniziale: Twice As Hard e Jealous Again sono infatti brani che hanno tutto per entrare di diritto tra i classici del rock n'roll.
Per fortuna però c'è dell'altro, come la commovente ballata She Talks To Angels e la strepitosa cover di Hard To Handle di Otis Redding (che sarà il loro primo singolo di successo).

 

The Southern Armony And Musical Companion (1992 - ****1/2) per molti è il capolavoro del complesso. Il gruppo ha raggiunto grande maturità con l'innesto del chitarrista Marc Ford, una sorta di Dickey Betts giovane. L'album si apre con il vorticoso hard rock di Sting Me, ma poi prevalgono le raffinatezze southern di Black Moon Creeping e le ballate (Thorn In My Pride e Sometimes Salvation in assoluta evidenza). Il singolo di successo di chiama Remedy ed è una coinvolgente preghiera soul rock da chiesa nera. Da segnalare in coda la sorprendente cover di Time Will Tell di Bob Marley.

 Ormai i Black Crowes sono delle superstar ed Amorica (1994 - ***1/2) è lì a testimoniarlo. Si tratta del loro album dal miglior impatto commerciale, trainato dal surreale video fantascientifico del singolo High Head Blues. Altri momenti d'oro sono A Conspiracy, Wiser Time e soprattutto l'intensissima Cursed Diamond. Qualche anno dopo si scoprirà che Amorica sarebbe potuto divenire un capolavoro epocale e che è stato rovinato dagli stessi Crowes e da un produttore incompetente.
La copertina, raffigurante il pube di una ragazza di colore a stento contenuto in un perizoma a stelle e strisce, è divenuta una delle icone del music business degli anni '90. 

Three Snakes And One Charm (1997 - ***)
pone fine ad un periodo molto travagliato per la band, culminato con la fuoriuscita di Marc Ford avvenuta alla fine della registrazione di questo lavoro di transizione, dove il principale riferimento sono smaccatamente i Rolling Stones di Beggars Banquet. Nell'album piacciono soprattutto gli accenni psichedelici di Girl From A Pawnshop e la classicità sudista di (Only) Halfaway To Everywhere. Un cenno a parte lo merita però la sconsolata Good Friday, in gara come pezzo migliore dell'intero repertorio del gruppo
Rimasti con il solo Rich Robinson alla chitarra, i Black Crowes editano By Your Side (1998 - ****1/2), per il sottoscritto il loro capolavoro assoluto in studio. Il programma inizia con le anfetaminiche Go Faster e Kickin' My Heart Around, per poi toccare il livello degli Allman Brothers con le dolciamare Welcome To The Good Times e Virtue And Vice. 
 
Esiste anche una versione su doppio cd con aggiunta di due brani (tra cui It Must Be Over uscita come singolo qualche mese prima di By Your Side).Purtroppo ad oggi rimane il disco meno venduto del Gruppo. Quello che i Rolling Stones non sono più riusciti a fare dal 1972 in poi.

L'indurimento del suono avvenuto con gli ultimi album ha il suo culmine nello splendido doppio dal vivo Live At The Greek (2001 - *****) in cui i Corvi si divertono a reinterpretare con il padrino Jimmy Page molte canzoni dei Led Zeppelin e diversi classici del rock blues anni '60. L'allucinazione sonora è perfetta perché Jimmy Page viene finalmente sorretto da un'altra chitarra che dà giusto spazio al suo solismo, Chris Robinson è un credibile Plant giovane e il batterista Chris Gorman è identico (giuro!) a Bonzo. Da segnalare In My Time Of Dying, The Lemon Song, Ten Years Gone, Nobody's Fault But Mine ed una devastante Custard Pie.

A questo punto I Black Crowes commettono l'errore di credersi fino in fondo i Led Zeppelin realizzando un album di puro hard rock. Lions (2001 - ***) è il loro peggior album in studio fino a quel momento anche se non mancano brani interessanti e sorprese stilistiche. Se Midnight From The Inside Out è perfino caricaturale da come sembra uscire dal secondo album degli Zep, Lickin' è un curioso esperimento di funk rock. Soul Singing è identica alla loro Remedy (ma l'autoplagio non è un reato), mentre l'orchestrale Losing My Mind fa scomodare paragoni verso i R.E.M. più cameristici. Alla fine di quest'orgia di suoni le sole Ozone Mama e Cosmic Friend saranno (giustamente) destinate a rimanere nel repertorio concertistico. Da segnalare per il cattivo gusto la copertina: è identica a quella del primo album dei Santana (nostalgia canaglia).

Dal momento che Live At The Greek, per motivi contrattuali, non aveva potuto contenere nessun brano dei Crowes, il momento è propizio per l'uscita di un doppio album dal vivo, intitolato laconicamente Live (2002 - ***). Si tratta di una sorta di greatest hits dal vivo in cui le canzoni vengono suonate in modo fedele rispetto agli originali. Viene quindi del tutto tralasciato l'aspetto improvvisativo, che caratterizzava il periodo di Marc Ford. Come unica eccezione viene proposta una lunga versione dell'inedita, ma già mitizzata Title Song. Rich Robinson dimostra di essere chitarrista più potente che fantasioso, suonando tutto sommato un hard rock piuttosto ottuso e dozzinale. Dopo Live il gruppo si scioglie a causa dei dissapori tra i fratelli Robinson. Entrambi proveranno la strada della carriera solista (Chris con migliori esiti artistici di Rich).

Nel 2005 i Crowes si riformano con il ritorno di Marc Ford. All'inizio si tratta esclusivamente di un tour americano di cui il doppio cd Jazz Fest Live (2005 - ***1/2) è una discreta testimonianza di quel tour. Ford, rivitalizzato dall'esperienza all'interno degli Innocent Criminals di Ben Harper, guida la band verso una radicale rivisitazione della musica delle radici. E' una dimostrazione di questa vena l'inclusione in scaletta della cover di Don't Do It di The Band.
Passa un solo anno e i Crowes sono nuovamente nei negozi con un nuovo doppio dal vivo: lo strepitoso Freak n'Roll Into The Fog (2006 - *****). Si tratta di una performance eccezionale con la voce di Chris Robinson in evidente stato di grazia (ascoltare le devastanti Cursed Diamond e Seeing Things per rendersi conto). Il repertorio è ormai una sapiente mistura tra blues, country e tanto soul. Chiude l'ennesima cover di The Band: la celebre The Night They Drove The Old Dixie Down.

Il momento è perfetto per immettere sul mercato due dischi perduti, da tempo preda dei cacciatori di bootleg. Tall (2006 - ****1/2) è l'album che doveva uscire al posto di Amorica (in effetti sei brani su sedici della scaletta sono stati inclusi in questo ultimo album, anche se con arrangiamenti diversi). Rimane un mistero sul perché un disco con queste spaventose potenzialità abbia atteso dodici anni per essere infine pubblicato. I sei brani di Amorica sono i più belli di quel disco, ma i dieci nuovi sono allo stesso livello (soprattutto Evil Eye e Low Down). Band (2006 - ***1/2) è invece l'album che doveva uscire in luogo di Three Snakes And One Charm e risente molto del momento turbolento in cui è stato partorito. Il materiale è completamente inedito ed in larga parte migliore rispetto a quello pubblicato all'epoca (anche se senza la vetta di Good Friday). Piace soprattutto la declamatoria Never Forget This Song con un Chris Robinson ancora una volta in bella evidenza. La mancanza di post produzione rende il materiale vicino alla crudezza di certo garage rock anni '60 (MC5 su tutti).

Marc Ford lascia nuovamente il gruppo per tentare la carriera solista e viene sostituito da Luther Dickinson, ottimo chitarrista slide della band sudista dei North Mississippi Allstars.

 La scelta del sostituto non sembra completamente azzeccata nel ritorno in studio Warpaint (2008 - ***1/2), album in cui, a dispetto di un repertorio di buon livello, si sente la mancanza dei voli pindarici della chitarra di Ford, laddove Dickinson dispensa solo ruralità strettamente country - blues.
I fans però attendevano da tanto tempo un disco in studio e tributano un buon successo al lavoro (anche se lontano dai dati di vendita degli anni '90). I brani migliori del lotto sono la potente Walk Believer Walk e la ballata Oh Jospehine.

 

Non si sentiva invece la mancanza dell'ennesimo album dal vivo, Warpaint Live (2009 - ***1/2) che è l'esatta riproposizione live del disco in studio precedente. Alcune canzoni risultano più ispirate nella dimensione concertistica (Wee Who See The Deep su tutte), ma l'album è superfluo (perlomeno accoppiato alla sua versione in studio).
I Black Crowes si sentono evidentemente più a proprio agio su un palco che in studio, perché decidono di realizzare due nuovi dischi in studio, ma con un pubblico selezionato presente in sala ad applaudire. Escono così Before The Frost (2009 - ****) e Until The Freeze (2009 - **1/2), il primo bell'album di rock sudista con questa volta Luther Dickinson grande protagonista (e qualche spiazzante accenno funky), il secondo invece, scaricabile gratuitamente da internet, zeppo di canzoni country rock piuttosto prolisse. In Before The Frost si segnala l'ottimo inno vagabondo What Is Home? e la ballatona Appaloosa; nel gemello invece si salva Lady Of Avenue A.


Molto particolare anche l'ultimo progetto della band della Georgia, Croweology (2010 - ***1/2) è un doppio album che ripropone in veste acustica alcune delle ballate più belle del gruppo. La scelta è molto strana proprio perché gran parte delle canzoni selezionate apparivano senza spina anche nella loro versione originale, per cui si tratta di un disco tutto sommato consigliato solo ai completisti.

 
Certo che il fascino di queste versioni di Wiser Time, Girl From A Pawnshop e Welcome To The Good Times è veramente ammaliante.
  Wiser For The Time (2013 - ***1/2) è il resoconto sonoro (solo vinile e mp3) di un concerto del tour del 2010. Ad una prima parte del concerto acustica (ad eccezione di rapidi interventi di chitarra solista) e molto legata a sonorità country rock (con tanto di cover delle due Hot Burrito dei Flying Burrito Brothers), si contrappone una seconda parte super elettrica, con brani lunghi, articolati e dalla inconfondibile matrice sudista.
  
  

Ed è questa seconda veste che, secondo me, dona di più ai corvacci. Per cui lasciamoci deliziare ancora una volta da titoli arcinoti come Only Halfway To Everywhere, Title Song, My Morning Song o Stare It Cold. Chiude a sorpresa la cover di un classico immortale come Willin' dei Little Feat.

 

Da non confondersi con l'album dal vivo registrato con Jimmy Page circa dieci anni dopo, Live At The Greek 1991 (1991 - ***1/2) è la testimonianza di un bel concerto del tour di Shake Your Money Maker. Si conferma anche in ambito live la bontà delle composizioni contenute nell'album d'esordio della band, anche se ogni tanto c'è qualche peccato di gioventù (una cover non convincente al 100% di Dreams degli Allman Brothers Band, un brutto arrangiamento pianistico per She Talks To Angels).
 

Ascoltando questo album si capisce bene perché i Black Crowes vennero confusi all'epoca con la scena street rock losangelina. Twice As Hard, Thick N'Thin e You're Wrong possiedono una potenza di fuoco invidiabile.

 

Lorenzo Allori