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The Who - Discografia

Nati come Detours, evolutisi in High Numbers, per poi assumere la denominazione definitiva intorno al 1964, gli Who possono essere considerati, con Small Faces e The Kinks, la band principale dell'ala modernista del rock britannico. I Mod si contrappongono ai rockers (maggiormente legati al rockabilly ed al blues) per la loro predilezione verso i classici soul e rhythm n'blues americani. La band si assesta fin da subito in un dinamico quartetto comprendente Pete Townshend (chitarra, tastiere, voce), Keith Moon (batteria), John Entwistle (basso) e Roger Daltrey (voce, armonica).

My Generation (1965 - ****) è un esordio leggendario quanto ingannevole. In quel momento è ancora il mercato dei 45 giri a decretare il successo di un gruppo rock. Ed in effetti gli Who quel successo lo hanno già certificato con tre singoli del calibro di My Generation, I Can't Explain ed Anyway, Anyhow, Anywhere. Di queste tre canzoni però nell'album c'è posto soltanto per la title track (l'ingiustizia sarà colmata dalla deluxe edition di qualche anno fa). Per il resto My Generation vive sul riffing secco ed essenziale di Townshend e su un furore beat che gli Who non avranno più da lì in poi. In scaletta diverse cover (James Brown, Bo Diddley) ed un'altra canzone destinata all'immortalità: The Kids Are Alright.

Gli stessi problemi palesati dal predecessore, vengono replicati in A Quick One (1966 - ***1/2). Townshend sta già vagheggiando la sua idea di "opera rock" ed in effetti la lunga suite A Quick One, While He's Away è il primo assaggio della competizione che vedrà più tardi i Pretty Things battere tutti sul tempo. Gli Who sono sempre più una band dal sound riconoscibilissimo, grazie alla batteria impazzita di Moon ed al basso elegante e quasi prog di Entwistle (che regala alla scaletta l'altro pezzo forte Boris The Spider). E' però assurdo constatare come i grandi singoli del periodo siano ancora una volta esclusi dal 33 giri (Happy Jack, Substitute, I'm A Boy, The Seeker).

Uno dei primi album "a tema" della storia del rock si intitola The Who Sell Out! (1967 - ***). Anticipando le intuizioni che faranno grande il Commercial Album dei Residents (1980), Townshend e company decidono di creare un album formato da jingle immaginari. C'è tanta ironia tra questi solchi, ma poche canzoni davvero gradevoli.
 

Gli Who riescono comunque a firmare uno dei loro brani più belli, intitolato I Can See For Miles. Come al solito, alcuni dei pezzi forti del periodo vengono relegati nel mercato dei singoli (Magic Bus, Pictures Of Lily).

Il compimento delle idee di Townshend in fatto di "opera rock" ha finalmente il suo compimento con il doppio album Tommy (1969 - ****). Il concept racconta la storia, invero un poco sconclusionata e confusa, di un ragazzo nato sordo, muto e cieco che sfrutta la sua incredibile abilità con il flipper, fino a diventare una sorta di "santone / dittatore". A distanza di anni fanno sorridere sia le tematiche a dir poco ingenue, sia certe soluzioni musicali classicheggianti per quartetto rock (Overture, Amazing Journey). Poi però ci sono le canzoni e Pinball Wizard, Cousin Kevin, The Acid Queen, I'm Free e We're Not Gonna Take It sono tra le migliori dell'intera storia del rock. Tommy afferma anche definitivamente lo status gigantesco della voce di Roger Daltrey. Prima era l'elemento debole del quartetto, da ora in poi arringa le folle con la forza di un frontman fuori dal comune. Ancora oggi Tommy è l'album più venduto della storia degli Who.

Il giorno di San Valentino del 1970 viene registrato uno degli album dal vivo più potenti e famosi della storia della musica popolare. Live At Leeds (1970 - *****) detiene forse il record di rifacimenti e di versioni ampliate, ma nella sua veste originale era uno smilzo e cattivissimo monolite proto punk. Le cover di Summertime Blues (Eddie Cochran), Shakin' All Over (Johnny Kidd) e Young Man Blues (Mose Allison) preparano il campo a tre grandi classici del complesso (Substitute, My Generation ed una monumentale Magic Bus). Ovviamente è preferibile accaparrarsi una delle versioni espanse, comprensiva anche delle canzoni "progressive" di Tommy.

Il Festival rock dell'Isola di Wight vede nel 1970 la propria edizione più famosa, rimasta nella storia per il ritorno di Bob Dylan sulle scene dopo quattro anni e per l'ultimo concerto di Jimi Hendrix. E' un peccato perché l'esibizione degli Who è di quelle leggendarie, che non temono alcun tipo di confronto. Qui il gruppo è all'apice della forza e dimostra sul palco di essere la più grande attrazione live del pianeta. Live At The Isle Of Wight Festival (1970 - *****) è addirittura migliore di Live At Leeds. Immaginatevi Keith Moon strafatto di droghe che macina assoli su assoli, Roger Daltrey che rotea il microfono sopra la propria testa, Pete Townshend che fa le spaccate con una tuta bianca degna di Arancia Meccanica e John Entwistle con un curioso costume da scheletro. Anzi, fate così: invece di immaginarli e basta, reperite il dvd. Heaven And Hell, Young Man Blues e Water sono restituite a livelli inimmaginabili. Nella seconda parte del concerto viene suonato quasi tutto Tommy (eccetto quattro canzone). Mentre Pete Townshend non riesce proprio a finire di scrivere Lifehouse, che dovrebbe essere la sua "opera rock" definitiva, ne escono alcuni estratti in un album che diviene una pietra miliare del rock del nuovo decennio.

  Who's Next (1971 - *****) rappresenta il meglio degli Who in studio, tra inni super energici (Baba O'Riley, Won't Get Fooled Again), la loro particolare versione della materia hard blues (Bargain, Getting In Tune) ed una ballata mostruosamente e dolorosamente autobiografica (Behind Blue Eyes).

Purtroppo alcune ottime canzoni scritte per Lifehouse non saranno incluse in Who's Next e saranno pubblicate soltanto come singoli (Join Together, Let's See Action, Relay).

L'epopea "mod" di inizio anni ‘60 viene raccontata a posteriori nell'ennesimo concept album. Salvo qualche piccola lungaggine, Quadrophenia (1973 - ****) è album più secco ed essenziale di Tommy. I classici riff di Townshend inaugurano l'album con The Real Me, poi c'è spazio per momenti più meditati (The Punk And The Godfather, Drowned), per un assolo di basso tra i più famosi in assoluto (5:15) e per il grandioso ed indimenticabile finale intitolato Love, Reign O'er Me.

Odds And Sods (1974 - ***) è una raccolta di inediti e rarità. All'epoca fu accolta piuttosto bene, ma in effetti non ci sono molte canzoni da salvare. Eccetto ovviamente la classica Pure And Easy.

Con l'uscita del film Tommy (1975), gli Who sono ormai un fenomeno di vera massa. Proprio in questo momento, chissà perché, la loro musica diventa manieristica e meno dirompente. The Who By Numbers (1975 - ***) è soltanto un pallido riflesso di ciò che potevano essere gli Who al momento del loro apice creativo. Per fortuna che ogni tanto se ne ricordano ancora (Squeeze Box).

 

Molto meglio Who Are You (1978 - ***1/2), che nonostante l'assenza di canzoni memorabili (eccetto naturalmente la title track), gode di un buon livello generale del repertorio. E' l'ultimo album con Keith Moon in formazione. Il batterista, dopo una vita fatta di eccessi, morirà proprio in quell'anno. Viene sostituito da Kenney Jones, ex drummer dei compagni di strada Small Faces.

Non è certo un capolavoro Face Dances (1981 - ***), ma contiene un Roger Daltrey sempre più convinto delle sue possibilità. In questo caso è Townshend a venire messo in disparte. You Better You Bet è un grande singolo hard rock.

Con il pessimo It's Hard (1982 - **) si chiude la prima parte della carriera degli Who. Il gruppo tornerà molte volte insieme, perpetuando la propria leggenda di live band a cominciare dal non proprio riuscito Who's Last (1984 - **1/2), con estratti dal tour mondiale di It's Hard.

Il ruolo di batterista verrà definitivamente assegnato a Zak Starkey (il figlio di Ringo Starr) a metà anni '90, mentre Pino Palladino assumerà il ruolo di bassista dopo la morte di John Entwistle (avvenuta nel 2002).

Live At Royal Albert Hall (2000 - ****) rappresenta un concerto celebrativo. Gli Who mostrano ancora una volta la loro dirompente furia con un piccolo aiuto di alcuni amici musicisti (Paul Weller, Eddie Vedder, Noel Gallagher, Bryan Adams). Tutti questi grandi nomi però finiscono per scomparire accanto ai loro miti di gioventù.

Con BBC Sessions (2000 - ***1/2) anche gli Who hanno la loro raccolta di performance live estratte dalle strepitose trasmissioni televisive britanniche. L'unico punto negativo del cd è che si sofferma soltanto sul repertorio degli anni '60 (quasi tutto deriva dal periodo precedente a Tommy), mostrando uno spaccato parziale dell'arte degli Who.

Fuori tempo massimo viene proposto anche un nuovo disco in studio. Endless Wire (2006 - **) è purtroppo sui livelli di It's Hard e non ci fa certo rimpiangere il silenzio di tutti questi anni. Del resto cosa aspettarsi di diverso se il brano migliore della scaletta è una mediocre ballata acustica intitolata Man In The Purple Dress? Molto meglio l'ep Wire & Glass (2006 - ***), con la title track (una mini suite di quasi otto minuti) e Mirror Door.

 
Dopo altre uscite live, esce l'interessante Quadrophenia Live In London (2014 - ***1/2), che racconta la riproposizione completa della famosa opera rock del '73, con diversi altri classici come bis. Purtroppo la scelta è quella di sottolineare la componente più progressiva della musica degli Who, con grande spiegamento di tastiere.

Resta il fatto che 5:15 dal vivo è sempre travolgente come negli anni settanta.

Live In Hyde Park (2015 - ***) potrebbe chiudere definitivamente la straordinaria storia degli Who. Pete Townshend è ormai stanco e la sensazione è che ormai la band sia quasi del tutto sulle spalle di Roger Daltrey. Questo triplo dal vivo (2 cd + 1 dvd) allinea la solita lista di classici (fenomenali in particolare The Seeker, Love Reign O'er Me e Baba O'Riley) e concede pochi scossoni.
 

Come gli Stones, gli Who sono dei monumenti viventi all'età aurea del rock n'roll. Non si possono discutere anche solo per la scaletta che riescono a produrre. Semmai fa riflettere che a 70 anni ci sia qualcuno che ha ancora voglia di suonare Pictures Of Lily o The Kids Are Alright.

 Lorenzo Allori