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U2 Discografia

Gli U2 si formano a Dublino nel 1978. Nell'eccitato panorama politico irlandese dell'epoca, loro scelgono fin da subito di parlare di politica in senso pacifista, forse anche facilitati dal fatto di essere tutti provenienti da famiglie di confessione protestante. La formazione fin dall'inizio prevede Paul David Hewson (in arte Bono) alla voce, David Evans (in arte The Edge) alla chitarra e tastiere, Adam Clayton al basso e Larry Mullen Jr. alla batteria. Le loro passioni musicali sono legate ovviamente al nuovo punk rock (gli Irlandesi Stiff Little Fingers sono tra i principi del genere), ma anche ai più classici Rolling Stones.

Il primo album, intitolato Boy (1980 - ***), viene ricordato per l'iconica copertina, ma soprattutto per una manciata di canzoni in bilico tra rock n'roll e sventagliate post punk. Con I Will Follow Bono ci racconta il proprio dramma familiare, mentre i An Cat Dubh e The Electric Co. portano una ventata di novità all'interno del panorama post punk dell'epoca. Le caratteristiche principali della musica degli U2 sono l'impeto e la passione, due ingredienti che decisamente stonano con le regole consolidate della gelida new wave. Le belle Out Of Control e Stories For Boys dettano i punti di riferimento per il futuro della band.

Il successo inaspettato di Boy non permette alla band di meditare in modo approfondito la mossa successiva. October (1981 - **1/2) è album introverso e spigoloso, influenzato anche dal Bowie berlinese, oltre che ripiegato su scomodi temi di natura religiosa (un argomento molto ricorrente nei primi album della band, occorre infatti anche ricordarsi che The Edge era entrato in seminario ed era stato a lungo indeciso se ordinarsi sacerdote). I singoli Gloria e Fire sono belli tosti, ma è la splendida ballata pianistica October, la canzone da ricordare davvero.

La cosiddetta "trilogia europea" viene chiusa dal disco più politico della storia della band. Il bambino di Boy è nel frattempo cresciuto ed è divenuto un ragazzo soldato, campeggiando in modo significativo sulla copertina di War (1982 - ***). La resa dell'album viene pregiudicata da una produzione francamente non all'altezza (Steve Lillywhite avrebbe dovuto capire la differenza tra U2 e Peter Gabriel) e da alcune canzoni al di sotto della media
 

Ma qui però ci sono anche dei veri e propri capolavori (Sunday Bloody Sunday, New Year's Day, '40, Red Light, Surrender).

Gli U2 dell'epoca sono soprattutto una superlativa live band. E la dimostrazione vive tra i solchi di Under A Red Blood Sky (1983 - ****), testimonianza di un loro trionfale tour americano. In una scaletta troppo corta trovano comunque spazio due canzoni rare (Eleven O'Clock Tick Tock e Party Girl) e sei classici tratti dai primi tre album in studio (bellissime in particolare le canzoni di War, che qui si riappropriano della loro natura prepotentemente rock).

 
Con l'ingaggio dei due super produttori Brian Eno e Daniel Lanois, inizia la cosiddetta "trilogia americana". The Unforgettable Fire (1984 - ***1/2) risente dei consueti difetti di ingenuità, che però qui vengono bilanciati da una scrittura decisamente migliore. A Sort Of Homecoming, The Uforgettable Fire e Bad sono infatti di diritto tra le migliori canzoni di tutti gli anni '80.

Il lato politically correct di Bono viene soddisfatto da ben due omaggi alla figura del reverendo Martin Luther King Jr. (MLK e l'arcinota Pride / In The Name Of Love). Le sonorità di questo album sono originalissime, ma hanno forse la pecca di non essere invecchiate proprio bene.

Con The Joshua Tree (1987 - ****), gli U2 danno sfogo al loro lato più pop ed occorre dire che lo fanno benissimo. With Or Without You, Where The Streets Have No Name ed I Still Haven't Found What I'm Looking For conquistano le classifiche di tutto il mondo grazie alla loro orecchiabilità. La band però non si limita a questo, fornendo anche acuminate stilettate wave (Bullet The Blue Sky, Exit), ballate strappacuore (Running To Stand Still) ed una fedele incursione nel panorama musicale americano (In God's Country).

Per apprezzare a pieno il successivo Rattle And Hum (1989 - ***) andrebbe visto il lungo film documentario che lo accompagnava. Gli U2, ormai delle superstar di livello planetario, sono attratti fortemente dagli Stati uniti, perpetuando peraltro una tradizione consolidata nell'intero popolo irlandese. Ecco perché l'album sembra non avere un deciso filo conduttore, se non una monumentale celebrazione del rock n'roll e dei suoi fratelli. Alle rivisitazioni live, invero gradevolissime, di alcuni classici del gruppo (I Still Haven't Found What I'm Looking For in versione gospel, Bullet The Blue Sky, Pride), si accoppiano incursioni in ambito blues (When Love Comes To Town, con B.B. King alla chitarra), in ambito soul (Angel Of Harlem) ed in ambito folk (Van Diemen's Land). La storia del rock viene esplorata grazie alla devastante cover di Helter Skelter dei Beatles, alla dedica esplicita a John Lennon di God Part Two ed a quella più nascosta ad Elvis Presley di Heartland. Gli U2 più rock si scatenano con Silver And Gold e con il singolo di grande successo intitolato Desire; mentre quelli più dolci si manifestano in All I Want Is You e Love Rescue Me (quest'ultima scritta a quattro mani addirittura con Bob Dylan). In definitiva troppa carne al fuoco e qualità non sempre eccelsa.

Il successo clamoroso del singolo Night And Day (cover dello standard di Cole Porter) lascia intuire il prossimo innamoramento del gruppo per i suoni sintetici. Pensandoci bene, a distanza di anni, si tratta dell'evoluzione fisiologica delle sonorità personalissime della chitarra "infinita" di The Edge.

Il successivo album viene registrato tra la Germania ed il Marocco e rappresenta una vera e propria svolta per la carriera degli U2. Achtung Baby (1991 - *****) può essere considerato il capolavoro della band che, grazie alla produzione impeccabile ancora una volta di Daniel Lanois e Brian Eno, sfodera uno stile vicino al rock industriale. La super ballata acustica One entra di diritto nella storia del rock, ma l'album deve essere ricordato più per l'eccezionale compattezza del repertorio, dove singoli di rock ballabile (The Fly, Even Better Than The Real Thing, Mysterious Ways), vanno a braccetto con pura emozione soul (Love Is Blindness, Acrobat, So Cruel) e con momenti realmente sperimentali (Zoo Station, Until The End Of The World). Bono poi finalmente riduce l'enfasi delle proprie scelte vocali, a favore della classe e canzoni come Who's Gonna Ride Your Wild Horses o Ultra Violet (Light My Way) lo dimostrano in pieno. L'unico neo della scaletta riguarda l'esclusione all'ultimo momento dell'eccezionale cover di Satellite Of Love di Lou Reed (sarà soltanto b-side del singolo One).

Il secondo capitolo della "trilogia elettronica" del gruppo è un album assemblato in fretta e furia durante un estenuante tour mondiale di grande successo (Zoo TV Tour). Zooropa (1993 - **) è un pasticcio senza né capo, né coda. Flood produce una serie di canzoni che strizzano l'occhio alla dance (Lemon) o al pop più becero (Numb, Daddy's Gonna Pay For Your Crashed Car).

Perfino la voce di Johnny Cash viene prestata ad una marcetta da dancefloor (nell'orribile The Wanderer). Ogni tanto però gli U2 si ricordano di saper scrivere canzoni degne di nota ed ecco un'inquietante litania pianistica che riflette sulla guerra nei Balcani (Zooropa), una ballata capolavoro (Stay, Faraway So Close!) ed un curioso omaggio a Charles Bukowski (Dirty Day).

Dopo la non riuscita collaborazione con Brian Eno nel supergruppo ambient Passengers (per lo meno criticabile il singolo super kitsch Miss Sarajevo), il gruppo realizza il suo album più ambizioso. Pop (1997 - ***) porta a compimento la trilogia elettronica con il compito di realizzare l'opera popolare definitiva. Ammaliati dalle sonorità della nuova elettronica britannica, gli U2 chiamano alla produzione sia Flood, sia l'astro nascente Howie B., peccando però spesso in misura e buon gusto (Dischoteque, If God Will Send His Angels, Mofo, Miami). Pop è però generalmente migliore di quanto si dica in giro, con qualche gioiello nascosto (The Playboy Mansion, Wake Up Dead Man) ed una buona scrittura pop (Staring At The Sun, Last Night On Earth).

Dalle ceneri del sostanziale insuccesso artistico di Pop, fuoriesce un nuovo cambio di direzione. Per la prima volta gli U2 smettono di progredire e si limitano a riproporre i propri passi precedenti. All That You Can't Leave Behind (2000 - ***) è infatti un ritorno alle sonorità dei primi tre album, con la chitarra di The Edge che torna ad essere grande protagonista delle canzoni. Il singolo Beautiful Day è, senza paura di smentita, una bellissima canzone; così come lo sono i consueti singoli "buonisti" di Bono (Walk On, Peace On Earth). Rispetto ad altre volte, il gruppo non scivola nemmeno nei momenti di grana più grossa (Elevation, New York), mentre è francamente troppo appiccicosa e leziosa la melodia della ballata Stuck In A Moment You Can't Get Out Of.

Adam Clayton dichiara che, a questo punto della loro carriera, gli U2 sono maturi per realizzare il loro disco punk rock. A testimonianza di questo viene prodotto il singolo Vertigo, in realtà più descrivibile come un orrido power pop chitarristico. How To Dismantle An Atomic Bomb (2004 - **) è un album punk quanto gli U2 possono essere considerati "i nuovi Dead Kennedys". In realtà è un concentrato di musichetta furba, ma di poco pregio (Sometimes You Can't Make It On Your Own e City Of Blinding Lights gli altri singoli che scalano, ahinoi, le classifiche).

No Line On The Horizon (2009 - **) è una cocente delusione per ogni fan della band. Viste le premesse, era chiaro il tentativo del gruppo di recuperare l'atmosfera dei propri dischi più significativi. Non accade questo ed anzi, l'album sembra ancora più confuso del predecessore. La classica chitarra edgeana impreziosisce il tessuto di Magnificent, ma poi si tende ad esagerare con il mestiere e con il risaputo (Get On Your Boots, Moment Of Surrender). E che dire della straniante incursione etnica di Cedars Of Lebanon? Meglio tacere.

Con una controversa campagna pubblicitaria, che coinvolge il colosso U.S.A. Apple, esce l'orribile Songs Of Innocence (2014 - *), degno compare delle peggiori scelte dei sodali Coldplay. L'album viene recapitato gratuitamente nei supporti Apple di mezzo mondo, ma probabilmente, senza questa mossa pubblicitaria, ben pochi lo avrebbero davvero ascoltato. Soltanto Volcano e Raised By Wolves mantengono un filo di dignità, mentre le altre canzoni, a cominciare dalla sacrilega The Miracle (Of Joey Ramone), sono indubbiamente degli scarti dei peggiori album del gruppo. Che dire dunque? Vivissimi complimenti! O forse sarebbe meglio recitare il de profundis.

  Lorenzo Allori