Perfetto. Questo è l'aggettivo che subito viene in mente pensando alla performance dei Wilco a Firenze. Non si tratta peraltro di una novità, perché moltissimi osservatori indicano questo poliedrico sestetto come la migliore rock n'roll band del pianeta. Poi qualcuno potrebbe obiettare: e la E-Street Band? E Tom Petty & The Heartbreakers? E, per altri versi, i Pearl Jam? Poi si potrebbe anche dire che Jeff Tweedy è troppo grasso ed introverso per incarnare il prototipo del rocker. Qualcun altro direbbe che i Wilco sono divisi in due parti ben distinte. Jeff Tweedy ed il bassista John Stirratt sono gli unici presenti fin dagli esordi del gruppo (1994) ed anche i soli legati al sound alternative country di quei Wilco lì. Gli altri quattro rivestono poi di "rumori" e "modernismi" vari quello che rimane soltanto un sentito omaggio a Gram Parsons ed alla sua musica. Poi un altro dice che solo il chitarrista di area jazz Nels Cline ed il formidabile batterista / percussionista Glenn Kotche sono dei grandi musicisti, mentre il resto del gruppo è formato da onesti mestieranti. E poi ecco chi nota che in fondo i Wilco ci propinano gli stessi arrangiamenti live da quasi dieci anni. Ed oggi questa Misunderstood, pur straordinaria, non stupisce più nessuno. E qualcuno ancora potrebbe esprimere disappunto per l'assenza dalla scaletta di autentiche perle del loro repertorio come Bull Black Nova, I Am Trying To Break Your Heart, Via Chicago, Sunken Treasure, The Late Greats, Walken, Airline To Heaven, Kicking Television o Muzzle Of Bees, che "farebbero" il concerto del 95% delle rock band. Poi però, mentre tutte queste giuste critiche ti frullano in testa, arriva l'assolo di chitarra finale di Impossible Germany e ti trovi, tu che eppure di concerti ne hai visti a bizzeffe, con un groppo in gola e la voglia quasi di metterti a piangere, perché il rock n'roll fatto bene un certo brivido te lo procura sempre. E forse si può dire che ti allunga pure la vita, o almeno ci prova. Ed in quel momento tra te e quel brufoloso ragazzino che eri venti anni fa le distanze si sono miracolosamente azzerate. E poi succede pure che da Hummingbird in poi, Tweedy inizi ad essere perfino "istrionico" (per quanto possa esserlo lui) ed i Wilco si trasformino in una formidabile party band che nemmeno i Creedence o i Grateful Dead alla festa di capodanno del 1971 e nel chilometrico bis finiscano per riportare in vita i fasti e la grinta degli indimenticati Uncle Tupelo (la prima band di Tweedy). Allora anche un paio di sbavature (Glenn Kotche che perde per un attimo il ritmo nel drumming sincopatissimo e tentacolare di Art Of Almost, Mickael Jorgensen che toppa l'attacco di pianoforte di I'm Always In Love) passano facilmente in secondo piano. "Perfetto" rimane dunque l'unico aggettivo giusto. Perché nel rock n'roll le imperfezioni fanno parte del gioco e perché nessuno rappresenta le contraddizioni dell'attuale scena musicale come i Wilco. |