Il luogo è il palco del mitico Birdland a New York, la data dicembre 2009. Suonano quattro giganti del jazz moderno. Non importa se uno di loro, Brad Mehldau, è più giovane degli altri e non ha alle spalle le poderose collaborazioni e esperienze degli altri. La musica che questi quattro producono è a livelli stellari. Il repertorio è fatto esclusivamente di standard. Le celebri e orecchiabili melodie, scompaiono e appaiono di nuovo nei lunghi fraseggi del sax alto di Konitz, oggi ancor più meditativo ed elegante, moderno disegnatore di linee eteree. Mehldau lo segue componendo e scomponendo a sua volta i temi, dilatandoli e comprimendoli, seguendo lunghi percorsi fatti di maestria tecnica, ricerca e poesia. I riferimenti al periodo “cool” di Konitz sembrano quasi ovvii, eppure sempre attuali. Mehldau si avvicina spesso a sonorità free, ma riporta il tutto a termini più accettabili, specie quando il teme della canzone torna cristallino a farsi sentire. Il contrabbasso di Charlie Haden rappresenta la sicura e onnipresente forza di fondo per i due solisti. Il suono pieno del suo strumento e il suo essere al tempo stesso ritmica e parte dialogante degli assoli costituiscono il legame più intimo tra i componenti del gruppo. Paul Motian eccelle nel contributo ritmico, talvolta swingando, altre volte sottolineando le frasi dei solisti, enfatizzando l’interplay dei quattro musicisti. Una delle migliori uscite. In assoluto. |